Battuta di zona a Santo Stefano
Approfittiamo dell’assenza della vegetazione per farci una bella battuta di zona sui monti Bernadia, da mesi raccolgo dati, consulto descrizioni e guardo rilievi nel catasto on-line alla ricerca di qualche buco nella zona che possa portarci ancora in profondità, ormai la zona, lo sappiamo, può regalare belle sorprese e soddisfazioni.
Inseriti i dati nel gps partiamo da Trieste, con qualche ritardo, Omar ed io. Flavia ci aspetta di fronte alla pizzeria Moby dick, poco più su di Udine, visto che ha passato le feste in zona. Ci riuniamo e partiamo salendo da Sediliis verso il faro della Bernadia, dove già per strada abbiamo da visitare qualche buchetto interessante. Intanto un’altra squadra composta da Sganga, Bizio e Marino sale a Villanova per scavare una nuova cavità situata nelle vicinanze della baracca, li raggiungeremo a lavoro ultimato.
Visitiamo un interessante cavità con una forte corrente d’aria che ci vedrà protagonisti di un nuovo scavo già nelle prossime settimane, come al solito si tratta di un lavoro immane, ma se no te scavi no te godi. L’ingresso spaventa un pò ma una volta infilatisi è più largo di quel che sembra, sotto, una piccola saletta finisce con un riempimento, ma da una fessura microscopica sotto il pozzetto d’ingresso esce una buona quantità d’aria. Usciamo, faciamo il punto sul gps, anche se le cordinate del catasto, con tanto che erano vecchie e prese con il metodo del riconoscimento su CTR 1:5000, erano quasi esatte. Torniamo all’auto per proseguire verso il paese di Villanova dove ci aspettano altri buchi da visitare.
Per prima decidiamo di ri-esplorare una cavità individuata e catastata dal CSIF nel 2006, che presenta una caratteristica che ci attira, la presenza di un sifone a pochi metri di profondità che pone fine alla parte esplorata, indicata sulla sceda catastale c’è una circolazione d’aria di cui non se n’è individuata la provenienza. Si trova proprio sopra la casa di Francesco, mentre ci incamminiamo verso la grotta, di strada visitiamo un’altro buco, viste le dimensione dell’ingresso e la totale assenza di aria ci fa desistere dall’infilarcisi, vaghiamo su e giù per l’avvallamento alla ricerca della grotta, il punto gps risulta completamente fuori posto, la troviamo un centinaio di metri più a monte. Armiamo il pozzo d’accesso, ingombro di rifiuti, come quasi tutte le cavità della zona. Rifiuti tenuti a bada da due tavole marcissime che rischiano al minimo contatto di cedere e rovesciare la miriade di bottiglie, scarpe, scatolette e quant’altro sul malcapitato che scenda o risalga il pozzo. Sul fondo ci si ritrova su una china detritica tempestata di rifiuti e carcasse (solo ossa oramai per fortuna) di cavalli e mucche, che digrada in una sala abbastanza ampia ed alta, contro la parete si apre un meandro che a breve si trasforma in una galleria nel conglomerato, molto bella, una morfologia particolare che non avevamo mai incontrato nelle cavità presenti in zona, dalla destra un piccolo rivolo sorge da sotto una colata e in poco più di qualche metro di ruscellamento si tuffa nel sifone, composto da una serie di vaschette di calcite che vanno a chiudere contro la volta che si abbassa, ma nel silenzio durante la rituale sigaretta del fondo si sente rumor d’acqua; pare come se subito oltre ci sia un vuoto dove l’acqua va a cadere, torneremo in estate dopo un periodo particolarmente siccitoso, sperando di trovar poca acqua, e proveremo a vuotarne quel che ne resta. Usciamo cercando di intuire qualche passaggio tralasciato dagli esploratori dello CSIF, ma ne di passaggi ne di aria non c’è traccia, torniamo verso l’esterno disarmandoo, comunque contenti di aver visitàto una, seppur breve, bellissima cavità, peccato per le immondizie.
Rifacciamo i sacchi e ci incamminiamo un pò a caso un pò seguendo il gps, dov’esso ci segnala la presenza di cavità, vaghiamo dispersi in cerca di qualcosa di promettente. In cima alla collina mi ritrovo vicino a delle pietre, in mezzo a loro c’è uno spazio, butto un sasso che cade per 3 o 4 metri, chiamo gli altri che si precipitano e cominciamo ad allargare il buco, spostiamo pietre e strappiamo radici, in meno di mezz’ora si può provare a passare, in questi casi: AVANTI IL PIU’ MAGRO. Omar si infila nel buchetto e tocca il fondo. C’è una piccola saletta ma non sembra ci siano possibili continuazioni, prova comunque a spostare qualche pietra ma neanche aria non c’è ne, rilevo speditivo ed ecco che in meno di un’ora abbiamo fatto scavo, esplorazione, rilievo e foto, RECORD.
Continuando a camminare, ci imbattiamo in una sorgente, probabilmente la famosa Pot Kagniza, e dietro questa una enorme zona di affioramenti calcarei, ne ispezioniamo diversi avvallamenti e buchi ma l’area sembra molto confusa, pare molto difficile trovare qualche ingresso in questo groviglio, inoltre tutte le grotte nell’area riportano posizioni sbagliate e non siamo in grado di individuarne se non che una piccola parte. Continuiamo ora il cammino in direzione Gabomba e ci imbattiamo in un avvallamento con un ingresso a monte e uno a valle, Omar si infila a valle, chiude quasi subito ma si intuisce una modesta circolazione d’aria, io mi infilo verso monte, ma il posto mi è familiare, mi sembra di esserci già stato, noto subito sulle pareti del meandro i segni del trapano e mi torna a mente: è il buco dove Clarissa, Max, Papo e Bizio scavavano qualche anno fa, e che alla fine li ha riportati in superficie nel karren retrostante (avevo dato una mano una volta). Una piccola visita la facciamo comunque, poi pausa birretta e cicchin (el vero speleo ga sempre una cassa de bira in zaino).
Ci spostiamo nella zona soprastante l’ingresso della Gabomba dove si trovano un paio di depressioni e doline, che ricordo durante l’estate particolarmente fresche, alla ricerca di qualche nuovo antro. Ne troviamo e visitiamo un paio ma nessuno sembra poter essere interessante per uno scavo, finiscono tutti su ghiaie o fanghi. Ci imbattiamo nell’ingresso della grotta del partigiano e decidiamo di visitarla per la gran quantità d’aria che aspira, già una volta con Bizio l’avevamo rivista, ma in quella occasione la gran quantità d’acqua (fuori diluviava) influiva sulle correnti d’aria, stavolta riusciamo chiaramente a intuirne il percorso, viene tutta inghiottita da una fessura che se sono 10cm di larghezza e tanto, solito scavo bestia, e poi vista la vicinanza e probabile che si colleghi con la Gabomba, comuque meriterà sicuro un tentativo nel futuro non troppo lontano. Bene bene, tanti nuovi scavi, una bellissima giornata passata in bellissima compagnia. Decidiamo di raggiungere gli altri, vista l’ora, arriviamo, e subito ci infiliamo a vedere cos’hanno prodotto in questa giornata, stanno sistemando un armo sul pozzo da scendere, bisogna far franare un ripiano di pietre instabili che blocca la discesa, restando allongiati perché si rischia di filare di sotto appena si muove una pietra, visto che non vestono imbraghi, rimasti fuori dal buco, e noi ne abbiamo uno a testa con tanto di attrezzatura scintillante, PIRATAGE, scendiamo noi! Omar si allongia e comincia a darci sotto di piede di porco, scende di mezzo metro con tutto il pavimento in un colpo solo, poi un pò alla volta scarica un paio di televisori calcarei giù per il pozzo (che altro non è che un approfondimento del meandro), bonifica le piccolezze e scende, come al solito sotto stringe, ma dopo una piccola finestra oltre si intravede una saletta. Scavare, scavare!!!!
Quando usciamo troviamo ad aspettarci anche Mauro, Edo ed un amico, sono stati nel bivacco dove passeremo l’ultimo dell’anno, a valutarne le condizioni (legna, pentole, etc). Naturale conclusione della splendida giornata a bagnarse l’ugola con qualche bottiglia di ramandolo al Panorama, e poi cenone alla trattoria Friuli.
Sebastiano
Hanno partecipato Omar, Flavia, Marino, Bizio, Sganga, Mauro, Edo e il sottoscritto