Tragedia sul Monte Canin. Muoiono due speleologi ungheresi investiti da una slavina.
Ieri sera raggiunti dalla squadra di soccorso triestina a quota -200 i primi uomini della spedizione dopo la morte dei due compagni
Canin, corsa contro il tempo nell'abisso
I quattro speleo ungheresi ancora nella grotta. Stamane il tentativo di recupero
di Giulio Garau
SELLA NEVEA. Erano passate le 20 ieri sera quando due dei quattro speleologi ungheresi che dalla scorsa settimana sono scesi nelle viscere dell'abisso Michele Gortani, sul massiccio del Canin, sono risaliti da quota meno 400 al campo base, 200 metri sotto l'ingresso della grotta e hanno incontrato la punta avanzata della squadra del soccorso alpino speleologico inviata per portarli in salvo. Bisogna uscire, tornare a valle prima della nuova ondata di maltempo che porterà neve e pericolo di slavine. Gli ungheresi hanno intravisto i bagliori delle torce e prima ancora di vedere le facce di chi li attendeva al campo base, hanno sentito una voce «amica», quella di Adam Zsolt, ungherese come loro ma triestino di adozione, da almeno 10 anni, che fa parte della squadra di soccorso speleo. Con lui un'altro triestino del soccorso sceso a quota meno 200, Paolo Alberti.
Erano nell'abisso da una settimana, non sapevano nulla di quanto è accaduto ai loro compagni della spedizione. Erano in dieci e sono rimasti in otto: due, Attila Szabo 34 anni e una donna, Anna Erdeim, 30, sono morti lunedì pomeriggio, travolti da una valanga a pochi metri fuori dall'imboccatura dell'Abisso Gortani. In realtà non si tratta del vero ingresso, quello principale, a quota 1900 metri ma un ramo secondario, intitolato proprio agli ungheresi (sono stati loro a scoprirlo e a perlustrarlo per primi) a 1600 metri di altezza. Un terzo ungherese, Krisston Szilard, 34 anni, si è salvato solo per miracolo sfuggendo a due slavine ed è riuscito a dare l’allarme dopo essere stato raccolto dalle squadre del soccorso. Altri tre sono stati portati in salvo appena usciti dalla grotta. Mancavano quattro compagni rimasti in grotta e i primi due sono stati raggiunti ieri sera dai triestini che hanno raccontato loro l'angosciosa verità e sono rimasti in attesa degli altri due compagni che ieri, nella notte, stavano risalendo, centinaia di metri più in basso. All'imboccatura esterna della grotta, attrezzati di tutto punto, altri due triestini del soccorso, Davide Crevatin e Paolo De Curtis in collegamento radio con l'altro componente del soccorso speleo. Giuliano Grio, triestino pure lui, in contatto permanente con il responsabile, Spartaco Savio, che stava coordinando la squadra dal capoluogo giuliano.
Sono stati portati martedì in quota dall'elicottero della Protezione civile per mettere in salvo la spedizione di ungheresi. Tra domani e dopodomani arriva una nuova ondata di maltempo, l'imboccatura del «ramo degli ungheresi» che porta all'Abisso Gortani si apre a quota 1600 in un vero e proprio catino dove si scaricano sempre le valanghe. Oggi è atteso uno sprazzo di bei tempo, tra le 7 e le 8 l'elicottero salirà a Sella Nevea, pronto ad alzarsi in volo, quando la nebbia si dirada, all'imboccatura della grotta per recuperare speleologi e soccorritori.
In alto, una foto d'archivio scattata da una delle tante spedizioni speleologiche ungheresi all'interno dell'abisso Michele Gortani. In basso Krisston Szilard: è riuscito a sopravvivere a due valanghe, liberandosi dalla neve dopo essere rimasto intrappolato per tre lunghe ore.
Spartaco Savio sta coordinando le operazioni a Sella Nevea
Trieste, il «regista» dei soccorsi:
“La nostra paura sono le slavine”
Previsto un rapido peggioramento delle condizioni climatiche. Oggi un elicottero avrà poche ore per arrivare all'imbocco della grotta
SELLA NEVEA. Una squadra affiatata, esperta, che esce da una scuola, quella della speleologia triestina, che vanta tradizioni antiche. Paolo Alberti, Davide Crevatin, Paolo De Curtis, Adam Zsolt. Tutti triestini i componenti della squadra di soccorso alpino del settore speleologico impegnati a Sella Nevea per il recupero dei quattro ungheresi rimasti nell'abisso Michele Gortani sul massiccio del Canin. Non poteva esserci una squadra migliore per questa emergenza. Si sono precipitati martedì a Sella Nevea dove c'è il quartier generale alla caserma della Guardia di Finanza, punto nevralgico delle operazioni, sono montati sull'elicottero della Protezione civile e sono stati portati a quota 1600, dove si apre il ramo degli ungheresi per calarsi nell'abisso.
Erano appena terminate le operazioni del Soccorso alpino coordinate dalla stazione di Cave del Predil guidata dal responsabile, Palmieri, che aveva visto impegnate le squadre alpine assieme agli uomini delle Fiamme gialle per recuperare i corpi dei due sfortunati speleologi ungheresi rimasti sotto la slavina. Ed è toccato alla squadra speleo triestina raccogliere il testimone e portare a termine l'operazione Una lotta contro il tempo coordinata da Trieste da Spartaco Savio, delegato regionale del soccorso speleo, in continuo contatto radio con i suoi ragazzi.
Fino a tarda notte, ieri, Spartaco continuava a colloquiare con la squadra sul posto. All'imboccatura della grotta Davide Crevatin e Paolo De Curtis, 200 metri in profondità Paolo Alberti e l'ungherese triestino, Adam Zsolt che attendevano i quattro ungheresi ancora nella grotta e più in basso, a Sella Nevea, Giuliano Grio con il pordenonese Alberto Gattel.
«Due ungheresi sono appena arrivati al campo base, hanno incontrato Paolo e Adam. hanno assicurato che nel giro di qualche ora arriveranno anche gli altri due -racconta Savio -. Entro le sei di mattina devono trovarsi al pozzo d'uscita della grotta. Tra le 7.45 e le 8 l'elicottero arriva a Sella Nevea e al primo sprazzo di bel tempo si alza in volo e va a recuperarli. Aspettare oltre non è possibile, tra venerdì e sabato viene maltempo sulla zona, ci saranno altre slavine, se escono rischiano di fare la stessa fine dei loro compagni».
C'è fibrillazione tra Trieste e Sella Nevea, Spartaco Savio contatta continuamente il sito meteo regionale, l'Osmer, per avere aggiornamenti in tempo reale sulla situazione. In quota a 1600 metri dove si apre la grotta non c'è tanto freddo, si è alzata la nebbia. Ma per stamani si attende una pausa della depressione, una finestra di bel tempo che potrebbe permettere il recupero. Se non riesce l'operazione nella giornata di oggi speleologi e soccorritori ; saranno costretti a restare in quota almeno fino a martedì prossimo, quando le previsioni meteo sulla zona indicano sereno e bel tempo. Una situazione rischiosa, ma le squadre 'di soccorso sono preparate: sono equipaggiati e hanno viveri e scorte per poter rimanere in quota anche una settimana.
Soccorritori ai piedi del Canin seguono le operazioni in quota
Da “Il Piccolo” – 23 febbraio 2006