Grotta Impossibile 4 – 17.01.2005

La scoperta e l’esplorazione della Grotta Impossibile di Cattinara

La colonna calcarea nel cuore del Carso è alta 22 metri

Scoperta in grotta a Cattinara la stalagmite più grande d'Italia


TRIESTE. Continua a regalare sorprese la Grotta Impossibile di Cattinara, come è stata battezzata momentaneamente la gigantesca cavità scoperta durante i lavori di scavo delle gallerie della superstrada. Sabato un nutrito gruppo di speleologi, geologi, naturalisti e tecnici è tornato a esplorare la grotta, portando a casa una serie di novità.
Primo: il complesso ipogeo continua in direzione Nordovest lungo un meandro che sfocia all'imboccatura di un pozzo profondo quaranta metri. Secondo: la spettacolare stalagmite che svetta come una torre di guardia all'ingresso dell'immensa caverna terminale è, a detta degli esperti, la più alta d'Italia. Misurata con gli strumenti laser, tocca i 22 metri dal livello più basso della colata calcarea.

Pietro Spirito a pagina 11

L’enorme stalagmite scoperta dagli speleologi triestini nella grotta di Gattinara.


Speleologi, geologi e naturalisti sono tornati a esplorare la Grotta Impossibile scoperta durante gli scavi per le gallerie della superstrada

Sotto Cattinara la stalagmite più alta d’Italia

Supera anche la colonna Raggero della “Gigante”. Individuata una prosecuzione in direzione Nord-Ovest

La Grotta Impossibile di Cattinara, come è stata momentaneamente battezzata la gigantesca cavità scoperta durante i lavori di scavo delle gallerie della superstrada, continua a regalare sorprese. Sabato un nutrito gruppo di speleologi, geologi, naturalisti e tecnici è tornato a esplorare la grotta, portando a casa una serie di novità. Primo: il complesso ipogeo continua in direzione Nord-Ovest lungo un meandro che sfocia all'imboccatura di un pozzo profondo quaranta metri (e qui, per il momento, gli speleologi si sono fermati).
Secondo: la spettacolare stalagmite che svetta come una torre di guardia all'ingresso dell'immensa caverna terminale è, a detta degli esperti, la più grande d'Italia. Misurata con gli strumenti laser, tocca i 22 metri dal livello più basso della colata calcarea. Perde così la sua «corona» anche la colonna Ruggero della Grotta Gigante, la cui immagine compare su tutti i depliant turistici: con i suoi 16 metri adesso deve lasciare il posto alla nuova arrivata.
L'esplorazione è iniziata sabato mattina e si è protratta per tutto il giorno. Le squadre hanno raggiunto il punto, a 430 metri nello scavo della galleria di destra, dove si apre l'ingresso della grotta, e sono entrati alle 10. Squadre di speleologi della Commmissione grotte, e dei gruppi Debeljak e San Giusto, coordinati da Louis Torelli del Collegio regionale delle guide speleo, hanno esplorato due tratti diversi del complesso, mentre i geologi guidati da Franco Cucchi del Dipartimento di geologia e i biologi del Museo di Storia naturale, con il direttore del museo Sergio Dolce, hanno effettuato prelievi, misurazioni e rilievi. C'era anche il geologo del Comune Enrico Massolino.
Dal punto di vista strettamente esplorativo i risultati maggiori li ha dati una galleria individuata in una specie di ballatoio sulla volta della caverna.
Gli speleo l'hanno raggiunta in arrampicata, utilizzando 150 metri di corda e venti chiodi a espansione fra salite, traversi e discese, seguendo poi per circa trecento metri un meandro in direzione nord-ovest, cioè dalla parte opposta allo sviluppo finora seguito. Sono arrivati all'imboccatura di un salto di quaranta metri e lì si sono fermati per mancanza di tempo e di corde. Ci torneranno sabato prossimo, per calarsi nel pozzo e vedere dove va a finire.
Dal punto di vista geologico, invece, le osservazioni confermano l'aggettivo già usato da Cucchi per dare il nome alla Grotta: impossibile. «Diciamo almeno che questa grotta ha caratteristiche non usuali -spiega – soprattutto per le dimensioni; ci sono vani di crollo, con frane enormi, zone con ricche concrezioni e altre che ne sono totalmente prive; insomma caratteristiche più uniche che rare per il nostro Carso».
«Altra cosa strana è l'apparente mancanza di forme di vita», dice Sergio Dolce, che ha effettuato prelievi nelle pozze d'acqua ma non ha trovato traccia d'insetti o altri animali. «Vedremo se almeno nell'acqua c'è del plancton -continua Dolce – perché non è usuale un'assenza pressoché totale di forme di vita in una grotta, anche se in tutte le cavità che si aprono verso Basovizza c'è scarsità di fauna cavernicola, persino nella Grotta Skilan, che pure è ricca d'acqua. Ma le osservazioni sono all'inizio, abbiamo posizionato alcune trappole per la microfauna e vedremo nelle prossime settimane i risultati».
La Grotta Impossibile è stata scoperta nel novembre scorso, quando è stata «intercettata» dallo scavo, effettuato dalla società Collini, dei tunnel per la superstrada. Non era la prima volta, da quando sono iniziati i lavori, che la dinamite portava alla luce sconosciute cavità sotterranee, scoperte di cui è sempre stata data notizia al Dipartimento di geologia dell'Università.
Ma stavolta lo scoppio aveva rivelato qualcosa di diverso dal solito antro scavato dalla percolazione dell'acqua piovana. I primi speleologi entrati a dare un'occhiata avevano capito di trovarsi in un grande paleoalveo, dove in tempi remoti scorreva un fiume sotterraneo. Vennero effettuate alcune puntate esplorative, finché il 18 dicembre scorso è stato toccato il punto più interno facilmente raggiungibile, costituito da una gigantesca caverna lunga 120 metri, larga 50 e alta circa 80. Adesso la ricerca continua in tutte le possibili direzioni.

Pietro Spirito

I forestali e la storia del Carso

Un secolo e mezzo di lavori delle autorità forestali hanno mutato la fisionomia del Carso trasformandolo da arida distesa di pietra nella prima metà dell'Ottocento a rigogliosa area verdeggiante ai giorni nostri. Risalgono infatti al 1842, sotto il governo austriaco, gli iniziali tentativi di coltura di specie arboree originarie abbattute in passato causa pascoli e disboscamenti incontrollati, fino all'attecchimento dell'esistente pino nero. Ne parlerà domani alle 20 nella sede die Cai XXX Ottobre, in via Battisti 22, Diego Masiello, coordinatore del Centro didattico naturalistico di Basovizza, durante l'incontro con immagini intitolato «L'intervento del Corpo forestale regionale nella provincia di Trieste» organizzato dalla commissione Tutela ambiente montano (Tam) per il ciclo riservato alla conoscenza del Carso. L'appuntamento è propedeutico all'uscita del 23 gennaio nei boschi di Basovizza, Cocusso, Ressel e Bazzoni. Il relatore si soffermerà sui lavori effettuati per l'allestimento del sentiero dedicato a Josef Ressel nel bosco Igouza, nonché sul prossimo recupero in loco di landa carsica all'attività di pascolo.
f.r.

Un’altra inquadratura suggestiva degli ambienti interni della nuova cavità.


Da “Il Piccolo” – 17 gennaio 2005

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