Antico acquedotto – 05.05.2006
Scoperto dalla Società adriatica di Speleologia un nuovo tratto del vecchio acquedotto teresiano che doveva rifornire d’acqua la città di Trieste
SAN GIOVANNI Esplorazione della Società adriatica di speleologia
Scoperto un antico acquedotto
Le gallerie si collegavano con il sistema Teresiano
Questo tratto dell’opera idraulica nel Rio del Farneto rimase incompiuto ed è stato dimenticato per oltre 200 anni
La storia del sottosuolo triestino si arricchisce di un nuovo importante capitolo. Le recenti esplorazioni di alcuni speleologi della Società Adriatica dì Speleologia hanno portato al rinvenimento a San Giovanni di due nuove gallerie dell’Acquedotto Teresiano, ripercorse dopo ben 200 anni dalla loro realizzazione. Si tratta di una settantina di metri di percorso interno che fanno parte del sistema Starabrech, cunicoli di captazione delle acque del Bosco Farneto che dovevano essere collegate con l’Acquedotto Teresiano e che risalgono a un sistema di raccolta delle acque perfezionato ma non concluso durante il periodo dell’occupazione napoleonica. L’acquedotto Teresiano, che risale al 1751, fu fortemente voluto dall’Imperatrice Maria Teresa per supportare le esigenze dì un emporio in forte crescita. La struttura, che raccoglieva le acque della parte alta di San Giovanni, ha alimentato per quasi due secoli le principali fontane cittadine. Solo nei primi anni del Novecento l’opera idraulica venne isolata dalla rete di distribuzione idrica del capoluogo per motivi di inquinamento e per la reperibilità di altre fonti di approvvigionamento.
Un passaggio nel sistema sotterraneo
Il sistema di gallerie e cunicoli dell’acquedotto Teresiano è stato oggetto di esplorazioni e di studio a partire dagli anni Ottanta. «La Società Adriatica di Speleologia – dice Marco Restaino, che assieme ai colleghi Marco Gubertini, Piero Slama, Cristian Duro e Michele Di Cosmo ha rinvenuto le due nuove gallerie – ha avuto modo di avviare nel 1984 il Progetto Theresia, un programma di esplorazione e documentazione delle opere sotterranee dell’acquedotto Teresiano. Approccio che ha consentito di rintracciare le antiche gallerie e i cunicoli da tempo dimenticati, integrato dallo studio di diverse fonti archivistiche, finalizzato anche alla conoscenza del patrimonio faunistico e botanico di tali siti». Per raggiungere le strutture che permettevano (e permettono ancora oggi) la captazione delle acque, gli esploratori sono scesi per dei pozzi, visitando siti scavati nella roccia viva, ripercorrendo i collettori che raccoglievano il prezioso elemento per dirigerlo verso le tubazioni che portavano in città. «Nonostante si pensasse di aver ormai completato la fase esplorativa – riprende Restaino – nel corso di una serie di sopralluoghi da noi effettuati nella vallata del Rio Grande del Farneto siamo riusciti a scovare due nuove gallerie per un percorso di circa 70 metri, che si vanno a aggiungere ai 500 metri già esplorati nel complesso del Starabrech, sistema di cunicoli che doveva connettersi dal Boschetto all’acquedotto Teresiano. Le due gallerie – spiega Restaino – lunghe rispettivamente 25 e 45 metri, ci permettono oggi di conoscere meglio le caratteristiche di questo complesso sussidiario all’acquedotto voluto da Maria Teresa, ideato durante l’invasione francese nei primi dell’Ottocento, in gran parte realizzato ma mai completato per via degli alti costi da sostenere in relazione a una resa d’acqua risultata scarsa».
L’esplorazione di una delle gallerie
L’esplorazione dei due condotti è stata piuttosto difficoltosa: in molti tratti infatti il fondo risultava coperto da una melma spessa anche un metro. Le ricerche effettuate nelle gallerie hanno portato al rinvenimento di diversi animaletti. La presenza di esemplari di piccoli crostacei (gamberetti del tipo Niphargus), del tritone punteggiato, della salamandra pezzata e anche di alcune innocue sanguisughe è indice per certi versi della salubrità delle acque del torrente grande del Farneto. Un torrente che tuttavia deve ancora essere tutelato dalla presenza in diverse sue aree di scarichi di acque scure privi di filtraggio. Un’evidenza che assume caratteri preoccupanti specialmente in alcuni punti del Farnetello e nella zona sottostante il Cacciatore. I dati riguardanti le due nuove cavità sono stati consegnati al Catasto delle Cavità artificiali del Friuli Venezia Giulia. Alcune foto e altre informazioni sui rilievi eseguiti verranno resi noti il 13 maggio in occasione dell’inaugurazione di una mostra dedicata agli ambienti umidi urbani che la Società Adriatica di Speleologia allestirà all’interno dello Speleovivarium di via Reni 2/c. Per informazioni, è possibile telefonare al 338/1655327.
Maurizio Lozei
Da “Il Piccolo” – 05 maggio2006