Particella Bosco Bazzoni – 08.09.2007
La descrizione della Particella sperimentale del Bosco Bazzoni e della Grotta Nera al suo interno
QUATTRO PASSI NELLA PARTICELLA SPERIMENTALE DI BOSCO BAZZONI
di Sara Stulle
A Basovizza tour botanico, speleologico e storico nell’area che viene gestita dal Gruppo Speleologico San Giusto
DOPO LA FOIBA DI Basovizza, sulla destra si incontra un ampio slargo con una staccionata in legno. Da lì vedrete partire un sentiero sterrato; lasciate la macchina e proseguite a piedi. Siete sul sentiero che vi porterà, dopo pochi metri, all’interno del bosco Bazzoni e alla particella sperimentale, attrezzata con cartelli in legno sulle piante e grandi tabelle esplicative. Il bosco, che è stato ampiamente rimboschito artificialmente con alberi di pino nero fin dall’Ottocento, oggi è popolato da una grande varietà di altre specie resinose che crescono sotto la copertura del pino, come la roverella, l’orniello o il carpino nero, e di fiori dai colori differenti che fioriscono in primavera: il bucaneve, la peonia o l’elleboro verde. Al centro della particella, gestita dai volontari del Gruppo Speleologico San Giusto, troverete anche uno stagno artificiale e la nota Grotta Nera, una volta detta Grotta dei Lebbrosi.
Una gita che si può vivere come una scampagnata in famiglia, ma anche come un momento educativo piacevole per i bambini. Immersi nel bosco i più piccoli troveranno modo di giocare (nel rispetto del bosco): capire come scoprire l’età di un tronco attraverso l’osservazione dei cerchi concentrici di una sezione, analizzare da vicino la natura riconoscendo gli alberi e le piante locali dai cartelli che li segnalano, giocare vicino allo stagno scrutandone attentamente l’ecosistema. All’interno della grotta un percorso accompagna i visitatori nella preistoria con le ricostruzioni curate dal Gruppo e le visite guidate. Di solito, se non si fa troppo rumore, qua e la spuntano le orecchie di un capriolo curioso.
Può essere un modo giocoso e piacevolmente familiare di vivere la scienza, “annusare natura” e conoscere i fenomeni naturali che fanno strettamente parte delle nostre zone. Cosa sono alveoline e nummuliti? E i fori di dissoluzione? Le risposte in alcuni cartelli che indicano caratteristiche pietre a “gniviera” e spiegano il carsismo.
Rivivere la Preistoria in una grotta
All’interno della particella sperimentale si apre la Grotta Nera, anche questa gestita dal gruppo di speleologi. La grotta è attrezzata turisticamente ed è un’esposizione museale permanente che ripercorre alcune epoche preistoriche – il Paleolitico Inferiore, il Paleolitico Medio, il Mesolitico e il Neolitico -con ricostruzioni di oggetti, armi, pelli e riproduzioni in resina degli attrezzi usati dagli “antenati carsolini”. È visitabile ogni prima domenica del mese con orario 10.00-16.00 da settembre ad aprile e 10.00-18.00 da maggio ad agosto. Per maggiori informazioni contattare il Gruppo Speleologico San Giusto ai numeri 040 422106, 3338389164 oppure 3397965575. E-mail: info@gssg.it.
Un fiorellino che può uccidere un cavallo
“L’elleboro verde è una pianta molto comune in Carso e, come tutte le specie di Helleborus, è velenosa: sia le foglie basali che il rizoma contengono l’elleborina ed altri componenti tossici. Alcuni autori sostengono che 250 grammi di elleboro fresco possano uccidere un cavallo e soli 5 grammi di pianta secca un gatto. Il nome, infatti, che potrebbe derivare dal greco, significa ‘cibo mortale'” (Pino Sfregola).
Grazie al Pinus Nigra il Carso tornò verde
“Nella prima meta dell’Ottocento – spiega Pino Sfregola, guida naturalistica e membro del Gruppo San Giusto – il Carso triestino era una distesa di pietra, a causa di pascoli (soprattutto di capre e pecore) e disboscamenti incontrollati. Si decise allora per il rimboschimento con le prime colture che intendevano reimpiantare specie originarie. I semi, però, germogliarono solo in minima quantità e per lo più furono distrutti da siccità e bufere invernali. Fu allora che si decise di piantare il pino nero (oggi presente ovunque sul Carso, ndr), una pianta robusta, capace di resistere su terreni secchi e calcarei e adatta al clima”.
Con “Scopribosco” didattica alternativa
Earth Education e Pedagogia dei boschi per insegnare ai bambini l’amore e il rispetto per l’ambiente. Un progetto proposto dall’Ispettorato ripartimentale foreste di Trieste e Gorizia per l’anno scolastico 2007-2008.
Il Progetto “Scopribosco”, attivo già da una decina di anni, ma sospeso per lo scorso anno scolastico, riprenderà per il 2007-2008. Il personale del Corpo forestale regionale si occuperà di educare i bambini delle scuole elementari che avranno chiesto di partecipare al progetto, al rispetto e all’amore della natura. Sarà un percorso alla scoperta delle bellezze dei boschi della provincia di Trieste e di quella di Gorizia. “Il nostro progetto – racconta Anastasia Furie del Corpo forestale – prevede sia interventi in classe sui temi dell’ecologia, della so-stenibilità, dell’ecosistema del bosco, con spiegazioni su flora e fauna locali, sia visite in bosco. Gli itinerari scopriranno la Val Rosandra, il bosco Igouza di Basovizza, Cernizza di Duino, il bosco dell’arciduca di Zindis, quello di Piuma a Gorizia e Flessiva a Cormons. I metodi didattici saranno interattivi e coinvolgeranno i bambini attraverso il gioco con la natura”. Anastasia Furie ci spiega che i metodi didattici seguiti dal Corpo saranno quelli, ormai noti nell’ambiente da alcuni anni, della “Pedagogia dei boschi” [nata in Austria e Germania come “Wald Pedagogie”] e della cosiddetta “Earth education”, che utilizzano il gioco con i materiali che si trovano in natura e l’approccio sensoriale come veicolo di conoscenza e modalità di apprendimento attivo.
Le visite si svolgeranno da novembre a maggio. Per informazioni più dettagliate gli insegnati possono contattare gli organizzatori al numero 335 8459035 o scrivere a didatticonaturalistico.agrifor@regione.fvg.it.
Panchine sottosopra e l’albero delle banane: Unni e Visigoti a Bosco Bazzoni?
Ultime notizie dalla particella sperimentale del bosco Bazzoni: divelte le panche in legno e lordata più volte l’intera area. Da mesi ormai la particella sperimentale vede le incursioni, probabilmente notturne, di orde di barbari. Gli indesiderati visitatori hanno rovesciato e rovinato più volte le panche in legno che i membri del Gruppo speleologico triestino hanno realizzato gratuitamente e messo a disposizione di tutti coloro che volessero visitare la particella. Una delle sorprese è stata la curiosa presenza di decine e decine di bucce di banana sulle fronde degli alberi. Devono averlo trovato divertente, ma in fondo si sa, le scimmie hanno senso dell’umorismo.
Da “Zeno” n.3 – 8/17 settembre 2007