Incontro Internazionale di Speleologia “Esplorando”, S. Omobono Imagna Terme 28-31 ottobre 2005
Test di tracciamento della Fessura del Vento
(Val Rosandra, Carso):
nuove ipotesi sull’idrogeologia carsica dell’area
CLARISSA BRUN1, 2 & RINO SEMERARO1
1 Geokarst Engineering Srl, AREA Science Park, Padriciano 99, 34012 Trieste, Italy, E-mail: rino.semeraro@area.trieste.it
2 GSSG, Gruppo Speleologico San Giusto, Via Udine 34, 34135 Trieste, Italy, E-mail: elkiwi@virgilio.it
Abstract
Brun, C. & Semeraro, R., 2005. Test di tracciamento della Fessura del Vento (Val Rosandra, Carso): nuove ipotesi sull’idrogeologia carsica dell’area.
Tracer test of the cave “Fessura del Vento” (Rosandra Valley, Carso): new hypotheses on karst hydrogeology of area. Incontro Int. Spel.
“Esplorando”, S. Omobono Imagna Terme 28-31 ott. 2005.
È stato eseguito nel 2004 un test di tracciamento del corso d’acqua perenne che scorre nel livello inferiore della Fessura del Vento (VG 4139), denominato “Rio del lago azzurro”. La Fessura del Vento è una delle grandi grotte che si sviluppano all’interno del Monte Stena, rilievo che costituisce il versante destro della Val Rosandra, posto al bordo SE del Carso. Il test, eseguito iniettando Uranina, è stato di tipo quantitativo oltre che qualitativo, ed ha avuto come obiettivo la verifica delle ipotesi sulla circolazione idrica sotterranea della zona del Monte Stena. Le ipotesi, sostanzialmente due, comprendevano: a) un deflusso verso NW cioè verso l’interno del Carso Triestino, b) un percorso verso S cioè verso la Val Rosandra. Le tecniche usate: campionamenti, fluocaptori, sonda fluorimetrica in situ, fluorimetri in laboratorio. È stato appurato che le acque del “Rio del lago azzurro” scaturiscono dalla Sorgente Clinciza (o Fonte Oppia) posta nell’alveo del Torrente Rosandra, versante sinistro. Il deflusso delle acque sotterranee, nelle scaglie tettoniche calcaree all’interno del versante vallivo, supera perciò le rocce silico-clastiche su cui queste scaglie sono impostate, quando queste rocce impermeabili si estinguono, consentendo una retroversione del drenaggio, fino alla soglia di permeabilità rappresentata dalle marne e arenarie della “faglia del Crinale” alla quota dell’alveo della forra del Torrente Rosandra. Il lungo tempo d’inizio dell’uscita registrato (tra 62-98 ore), la piccola distanza apparente (900 m), la forma della curva di restituzione del tracciante, la piccola velocità apparente (tra 7-14 m/h) suggeriscono una circolazione delle acque sotterranee probabilmente entro piccole condotte, ancora reticolari in zona satura semi-satura, di formazione recente.
The tracer test was carried out in the 2004, in the perennial stream called “Rio del lago azzurro” (“Stream of blue lake”). It flows in the lower level of the cave called Fessura del Vento (“Wind’s Fissure”) in Rosandra Valley (Carso, Italy). The Fessura del Vento is one of the larger caves developed in the Stena Mt; this relief is the northern slope of Rosandra valley: the small basin that characterizes the southern border of the Carso (the region of the Carso, or Kras, is administrated by Italy and Slovenia). Two hypotheses before the Uranine injection: a) North-West drainage, toward the Trieste Karst aquifer; b) South drainage, toward the Rosandra Stream. The techniques used for detected the Uranine are: sampling, charcoals, fluorometer probe, fluorometric analysis in laboratory. Tracer test shows that the flow path is connected to Clinciza Spring (or “Fonte Oppia”) in the rocky bed of Rosandra Stream (left hydrographic slope). The “Rio del lago azzurro” flows inside the Tertiary “Alveolinid-nummulitid limestone” of tectonic wedges Stena Mt. These wedges are characterized by overthrust system and the underground water beyond the impermeable layers (marls and marlyarenaceous flysch) probably extinguished in North for faults; for this reason, there is retroversion of drainage and the “Rio del lago azzurro” outflows in Clinciza Spring (verified the 2nd hypothesis). This karstic spring is placed near the impervious level (“semi-dammed”) provoked by Flysch of “Ridge fault” (overthrust system). The detected long time of Uranine (62-98 hours), the small path (900 m), the form of output tracer pulse, the very
little flow (7-14 m/h), suggest a water circulation in the probably small recently reticular conduits, in saturated semi-saturated zone.
Key Words: Fessura del Vento VG 4139 (“Wind’s Fissure”), Hydrogeology, Tracing test, Rosandra Valley, Stena Mt., Karst (“Carso”), NE Italy.
Parole chiave: Fessura del Vento VG 4139, Idrogeologia, Test di tracciamento, Val Rosandra, Monte Stena, Carso, Italia NE.
1. Introduzione
L’area carsica della Val Rosandra (Fig. 1) è una delle più interessanti della zona di cerniera tra il sistema alpino e diarico. Per le sue straordinarie caratteristiche di geotopo e biotopo, l’area è stata qualificata “Riserva naturale della Val Rosandra” istituita con Legge regionale 30 settembre 1996, n. 42, art. 51, per una superficie di 746 ha, gestita dalla Comunità Montana del Carso (Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia), nonché SIC (Sito d’Interesse Comunitario) IT3340004 Val Rosandra e Monte Concusso, ZPS (Zone di Protezione Speciale) N. IT3341001 Val Rosandra e Monte Concusso. Nell’area, il Monte Stena costituisce il relitto di un carso di contatto (“contact karst”), caratterizzato dall’unico esempio, nell’area italiana, di corso d’acqua sotterraneo sospeso e tuttora attivo del Carso: il “Rio del lago azzurro” nella Fessura del Vento. Su questo corso d’acqua è stato eseguito un test di tracciamento con l’obiettivo di scoprirne gli eventuali recapiti. I risultati del test costituiscono l’oggetto del presente lavoro, poi, ampio spazio è dato alla discussione delle prime, nuove, ipotesi sulla complessa circolazione carsica sotterranea dell’area.
Fig. 1. Inquadramento geografico. Location map.
2. Il contesto geografico
La Fessura del Vento VG 4139 è una delle maggiori grotte del Carso e si apre a quota 295 m s.l.m. sul versante destro della Val Rosandra. Il Carso, com’è noto, è la regione carsica che si estende alle spalle della città di Trieste, suddivisa tra Italia e Slovenia; suo sinonimo è Carso Triestino (equivalente al “Triestiner Karst” della prima letteratura geologica dell’area) mentre in sloveno è Kras. La grotta in oggetto è in territorio italiano. La Val Rosandra (toponimo) corrisponde alla profonda forra formata dal Torrente Rosandra durante l’attraversamento dei calcari nella parte media del bacino; tale incisione separa il Carso Triestino propriamente detto dall’Istria montana. Le elevazioni maggiori della Val Rosandra sono, il Monte Stena (m 441 s.l.m.) che forma il versante destro, ed il Monte Carso (m 456 s.l.m.) che forma quello sinistro. Ambedue sono piccole culminazioni, in zone anticlinali o loro lembi, che emergono da due tavolati carsici (areali nell’ambito di più vasti altopiani), rispettivamente quello dell’estrema propaggine sud-orientale el Carso Triestino (in destra idrografica) e quello dell’estrema propaggine nord-occidentale dell’Istria montana (in sinistra idrografica) denominata Carso di San Servolo (nella letteratura slovena è la propaggine del più ampio “Podgorski Kras”). Le quote medie dei due tavolati citati sono pressoché identiche: attorno 400-410 m s.l.m. quelle della propaggine del Carso Triestino, attorno 420 m s.l.m. quelle del Carso di San Servolo, in perfetto accordo con l’andamento generale del rilievo. L’incisione del Torrente Rosandra, che ha prodotto una forra di circa 300 m di dislivello, ha semplicemente separato ciò che in origine (Plio-Quaternario?) era un unico altopiano con locali dorsali e culminazioni, e naturalmente bassi morfologici.
3. Geologia e carsismo in Val Rosandra
La Val Rosandra geologicamente si può considerare appartenente all’Istria montana più che al Carso Triestino. Essa è situata nella zona di transizione tra la “piattaforma di Komen” (Comeno) e la “struttura embricata della _i_arija” (Ciceria) (“_i_arija overthrust unit” di PLENI_AR et al., 1973/a, 1973/b, meglio definita “_i_arija imbricate structure” da PLACER, 1981) secondo la terminologia della letteratura geologica slovena, e le sue caratteristiche appartengono a quest’ultima. Precisiamo, che la “piattaforma di Komen” è un anticlinorio dinarico (“anticlinorio Trieste-Komen”) mentre la “struttura embricata della _i_arija” corrisponde ad un sistema di thrusts dinarici ravvicinati. La Val Rosandra è costituita da calcari del Terziario, con un potente sviluppo dei “Calcari ad Alveoline, Assiline e Nummuliti” (“Hauptalveolinen und Nummulitenkalk”) della tradizionale letteratura geologica italiana e austriaca. Con la moderna nomenclatura stratigrafica, mutuata dall’originaria successione di G. Stache, è il Calcare ad Alveoline e Nummuliti (Alveolinid-nummulitid limestone), potente in zona attorno ai 300 metri (dato interpolato poiché nell’area della Val Rosandra il suo sviluppo è sempre interrotto da faglie), d’età Eocene inferiore-Ilerdiano, qui caratterizzato al top dai “calcari marnosi” (spessori di pochi metri, talora discontinui); segue una facies di chiusura della piattaforma carbonatica rappresentata dalle “marne” (“Marna a Cancer”) (in zona anche con spessori fino a 20 metri) (JURKOVŠEK et al., 1996; BALLARIN & SEMERARO, 1997). Si passa infine, gradualmente ed in pochi metri, al Flysch marnoso-arenaceo (“Flysch”, Auct.) (Eocene p.p.), corrispondente al “Flysch del bacino istriano” (Istrian Flysch Basin), rappresentato da una tipica sequenza torbiditica data da alternanze di marne ed arenarie. Strutturalmente, faglie inverse orientate attorno SE-NW (“dinariche”) immerse verso NE, la maggior parte con radici nelle rocce meno competenti marnose e flyschoidi, hanno formato una serie di scaglie carbonatiche; tutto un corteo, poi, di faglie con direzione sub-normale o a 45° (“antidinariche”) hanno funto da svincolo alle strutture principali o hanno creato cunei e blocchi all’interno delle scaglie.
L’area del Monte Stena si chiude, geologicamente, verso NE contro i calcari terziari della catena dei monti Concusso e Castellaro, sovrascorsi sul Flysch della “sinclinale di Beca-Occisla” (Beka-Ocizla). Nel Calcare ad Alveoline e Nummuliti delle scaglie si sono insediati alcuni tra i maggiori fenomeni carsici ipogei del Carso. In particolare, nell’area in oggetto, le ricerche speleologiche hanno avuto – fino ad oggi – maggior successo in corrispondenza del versante destro della valle. Infatti, all’interno del Monte Stena attualmente esistono circa 9 km di gallerie esplorate (Grotta delle Gallerie, Fessura del Vento, Grotta Savi, Grotta Martina, per citare solo le maggiori). Si tratta di reticoli di gallerie ancora non collegati tra loro, che mostrano tutta una gamma di morfologie legate soprattutto a paleo-flussi suborizzontali (dalle gallerie singenetiche a quelle paragenetiche, talora trasformate in caverne di crollo, ai meandri, fino alle grandi forre), mentre i pochi pozzi sono morfotipi secondari che collegano i vari rami. Tale assetto morfologico testimonia una lunga evoluzione del reticolo, iniziata con la formazione delle cavità in regime saturo, per trasformarsi a volte in inghiottitoi dei torrenti provenienti da un paleo-bacino nel Flysch della “sinclinale di Beca-Occisla” (costituente l’attuale alto bacino del Torrente Rosandra), fino poi divenire dreni delle acque percolanti.
L’abbassamento, stadiale, del livello freatico (forse diverso nelle singole scaglie), certamente connesso con l’erosione del Torrente Rosandra (BALLARIN et al., 1994) e con il sollevamento neotettonico dell’area di cui si conservano ampie tracce in queste grotte (CUCCHI et al., 1978), ed i suoi stazionamenti, hanno dato origine ai vari livelli di cavità ed alla loro disattivazione progressiva. Ciò, naturalmente, visto come un’estrema semplificazione dei complessi processi, e delle fasi, che si sono succeduti nella speleogenesi dei reticoli di cavità citati.
Sintetizzando, il versante destro della valle risulta strutturato da due scaglie principali. Nella scaglia superiore si sviluppa il cosiddetto “sistema” carsico del Monte Stena (o “sistema alto”): cioè il complesso di cavità citate (non collegate), dove la Fessura del Vento è la grotta che raggiunge le quote più basse del sistema. Alla quota degradante da circa 235 a 215 m s.l.m. nella Fessura del Vento si trova un livello attivo di gallerie; esso corrisponde al “Rio del lago azzurro”: un piccolo torrente con portate, misurate, medie tra 1-2 L/s, minime di 0,7 L/s, mentre le piene misurate raggiungono 8,5 L/s (D’AMELIO et al., 1997).
4. Le vecchie ipotesi sulla circolazione sotterranea carsica dell’area del Monte Stena
Nella vecchia concezione geologica dell’area, reiterata fin dai primi anni dello scorso secolo (WAAGEN, 1906; D’AMBROSI, 1953, 1955), il Monte Stena si considerava, sostanzialmente, idrogeologicamente facente parte di una zona (chiamata anche “settore di Basovizza” dal nome della località posta a NW) che drenava le acque vadose verso la falda idrica del Carso Triestino (intesa come la “Grundwasser” di A. Grund) (D’AMBROSI, 1961), anche se, localmente, non era sottaciuta l’importanza dello sbarramento marnoso e flyschoide della “faglia del Crinale”, in Val Rosandra, che per comune ammissione dava origine alla Sorgente Clinciza (o Klinšca) (anche “Glinš_ica” o “Fonte Oppia”) (D’AMBROSI, 1962; MOSETTI, 1962). In sostanza, l’opinione corrente di questi Autori era che la Sorgente Clinciza (utilizzata dai Romani per l’acquedotto per Trieste) fosse alimentata dalle acque di percolazione del Carso di San Servolo, con possibili travenamenti verso il Carso Triestino, e che la Val Rosandra presentasse un carsismo poco sviluppato a causa di una supposta, solo recente, erosione della copertura marnoso-arenacea che l’avrebbe appunto inibito: una concezione viziata dal fatto che i grandi complessi di cavità non erano ancora stati scoperti. Dopo la scoperta, nel 1964, del “Rio del lago azzurro”, e le prime indagini sulla Fessura del Vento, costatando come questo corso d’acqua si dirigesse chiaramente verso il Carso, in accordo con le vecchie conoscenze geologiche la consolidata considerazione sul drenaggio ipogeo dell’area del Monte Stena si rafforzò. Si tratta di studi (SEMERARO, 1967) ormai superati dalle successive conoscenze geologiche, anche se molti dati sulla morfologia ipogea – a quel tempo rilevati – conservano tuttora un loro interesse. L’ipotesi, enfatizzava l’effetto “tampone” che le rocce impermeabili del versante destro della Val Rosandra sottostanti la Fessura del Vento – che a quel tempo erano ancora, erroneamente, strutturalmente interpretate come una sinclinale inclinata e genericamente considerate Flysch – dovevano provocare sulla circolazione idrica sotterranea (SEMERARO, 1970).
Con i moderni rilevamenti geologici della Val Rosandra, iniziati dopo il 1975, particolarmente il quadro strutturale cambiò quasi radicalmente, interpretando l’area come una serie di scaglie calcaree, determinate da faglie inverse “dinariche” impostate, perlopiù, sulle più plastiche rocce silico-clastiche (FORTI, 1985; CUCCHI et al., 1987). Su questa nuova base, gli studi idrogeologici successivi, affinando le conoscenze geologico-strutturali ed affrontando in chiave moderna gli aspetti idrologici, chimici e isotopici delle acque sotterranee e superficiali (BALLARIN et al., 1994; ADAMI et al., 1997; D’AMELIO et al., 1997), consentirono di avere una visione diversa del problema ma soprattutto una percezione della sua complessità. In questo quadro, negli ultimi anni si teso considerare l’area della Val Rosandra marginale rispetto al Carso (BALLARIN et al., 2000).
Nonostante questi studi, il quesito del recapito finale delle acque scorrenti nella Fessura del Vento poteva essere risolto esclusivamente mediante un test di tracciamento.
5. Modalità e tecnica del test di tracciamento
Il test di tracciamento, oggetto del presente studio, si prefiggeva di iniettare Uranina (sale sodico della Fluoresceina di formula chimica C20H10Na2O5) nelle acque del “Rio del lago azzurro”, controllando poi tutti i possibili recapiti nella Val Rosandra. Si escludeva il controllo alle Risorgive del Timavo, quale recapito della falda idrica sotterranea del Carso, per l’impossibilità di ottenere un segnale strumentalmente apprezzabile a causa dell’elevatissima diluizione della minima quantità di Uranina usata, che si fosse eventualmente immessa in quell’enorme corpo idrico. Si dava quindi per ragionevolmente fondato, nel caso il tracciante non fosse stato rilevato nell’area della Val Rosandra, un drenaggio verso il Carso, anche se non si potevano escludere deflussi nell’acquifero rappresentato dal corpo alluvionale dell’alta valle di Zaule (toponimo che definisce il basso corso del Torrente Rosandra nel tratto fra il conoide allo sbocco della forra, in località Bagnoli della Rosandra, e la pianura tra il bastione del Carso di San Servolo in sinistra ed il Monte S. Rocco in destra), ma il monitoraggio di questi eventuali deflussi era però, in pratica, altrettanto impossibile.
Il test è stato eseguito secondo metodiche e tecniche ampiamente sperimentate e collaudate (KÄSS W., Eds., 1998; GEOKARST ENGINEERING S.R.L., 2002).
Nell’area (Fig. 2), ai fini dell’indagine, sono stati presi in considerazione cinque punti di campionamento e posizionamento di fluocaptori, siglati [S1-2-3-4-5-6] ed un punto di monitoraggio siglato [M]. Di seguito forniamo la loro posizione descritta, procedendo da monte verso valle. Il punto [S1] è in Slovenia, tutti gli altri punti in Italia.
[S1] Sorgente Zro_ek. Sorgente carsica perenne in destra del Torrente Rosandra, a quota 200 m s.l.m., di poco superiore all’alveo, in corrispondenza di un contatto tettonico tra Flysch e calcari. Non si posseggono dati continuativi di portata, sporadiche misure indicano portate medie di alcune decine di L/s. Sorgente per soglia di permeabilità sottoposta.
[S2] Sezione del Torrente Rosandra posta circa 100 m a monte dell’Antro delle Ninfe. Alveo in roccia (calcare) alla quota 135 m s.l.m.
[S3] Antro delle Ninfe VG 2687. Sorgente carsica in destra del Torrente Rosandra, alla quota dell’alveo, a circa 120 m s.l.m., rappresentata da un cunicolo suborizzontale di circa 60 m di lunghezza, quasi totalmente sommerso (sifone), percorso da un ruscello perenne per gran parte dell’anno. La portata durante le magre invernali è attorno 3-5 L/s, le piene sono di circa 10 L/s. Sorgente per affioramento della rete acquifera libera.
[S4] Sezione del Torrente Rosandra posta circa 10 m a monte della Sorgente Clinciza. Alveo in roccia (calcare) alla quota 97 m s.l.m.
[S5] Grotta presso la Fonte Oppia VG 4331. Sorgente intermittente, a quota 97 m s.l.m., costituente il “troppo pieno” della Sorgente Clinciza situato alcuni metri a monte di questa. Si tratta di un cunicolo di 6 m, che diviene subito impraticabile. Durante il test il cunicolo era sempre attivo.
[S6] Sorgente Clinciza. Sorgente carsica in sinistra del Torrente Rosandra, alla quota dell’alveo del torrente a 96 m s.l.m. la cui bocca è mascherata da blocchi di roccia. Numerose misure indicano portate minime di 4 L/s, medie molto variabili tra 30-80 L/s, piene di oltre 100 L/s. Le due scaturigini [S5-6] sono prossime ad un contatto tettonico tra Flysch e calcari (“faglia del Crinale”). Sorgenti per soglia di permeabilità sottoposta o giustapposta.
[M] Sezione del Torrente Rosandra posta all’altezza dell’abitato di Bagnoli superiore. Alveo in alluvione su substrato calcareo, alla quota 79 m s.l.m. Su questa sezione è stata installata una sonda fluorimetrica per il monitoraggio in continuo.
Fig. 2. Schema idrogeologico dell’area della Val Rosandra. 1: acquifero poroso (eluvio-coluviale); 2: acquifero poroso (alluvionale); 3: acquifero carsico; 4: rocce a bassa permeabilità o impermeabili (marne, Flysch marnoso-arenaceo); 5: idrografia; 6: inghiottitoi, perdite dei torrenti (1: inghiottitoio impraticabile di Draga S. Elia, 2: inghiottitoi impraticabili del Rio del Sangue, 3: inghiottitoio impraticabile sotto la cascata del T. Rosandra, 4: inghiottitoi di Beca-Occisla); 7: sorgenti principali (1 Sorgente Zro_ek, 2 Antro delle Ninfe, 3 Sorgente Clinciza, 4 Sorgente sotto l’antica rocca di Moccò, 5 Sorgente di Moccò, 6 Sorgenti di Bagnoli, 7 Sorgente Kaluža, 8 Sorgente Zgurenca, 9 Sorgenti Maganjevec, 10 Sorgente del Rio Baredi, 11 Sorgente a NW di San Servolo); 8: grandi depressioni e valli chiuse, doline; 9: cascata; 10: sella, soglia; 11: scarpata; 12: canyon fluviocarsico; 13: sezione geologica; 14: connessione delle acque sotterranee provata durante il test di tracciamento; 15: punto di campionamento e fluocaptori [S1-6]; 16: monitoraggio sonda fluorimetrica [M]; 17: punto di iniezione dell’Uranina (proiettato in superficie). Hydrogeological map of Rosandra Valley area. 1: porous aquifer (eluvio-colluvial deposits); 2: porous aquifer (alluvium); 3: karst aquifer; 4: very low permeable rocks or impervious (marly, marly-arenaceous Flysch); 5: surface stream; 6: sinkhole, sinking stream (ponor) (1 impassable sinking stream of “Draga S. Elia”, 2 impassable sinking stream “Rio del Sangue”, 3 impassable sinking waterfall “Torrente Rosandra”, 4 sinkholes of Beca-Occisla); 7: main springs (1 Zro_ek Spring, 2 “Antro delle Ninfe” (“Nymph cave”), 3 Clinciza Spring, 4 Spring under the ruins of Moccò castle, 5 Moccò Spring, 6 Bagnoli Springs, 7 Kaluža Spring, 8 Zgurenca Spring, 9 Maganjevec Springs, 10 Baredi stream Spring, 11 NW St Servolo Spring); 8: large karst depression, blind valley, doline; 9: waterfall; 10: saddle; 11: scarp; 12: fluviokarst canyon; 13: geological cross-section; 14: proved underground water connection by tracing test; 15; sample and detected bag point; 16: fluorometer probe monitoring; 17: injection Uranine point (projected in surface).
Le analisi fluorimetriche, sulle acque campionate e sulle soluzioni estratte dai carboni attivi, sono state eseguite nei laboratori di geochimica isotopica e chimica ambientale della Geokarst Engineering S.r.l., impiegando un Fluorimetro GGUN-FL prodotto dal Gruppo di Geomagnetismo dell’Istituto di Geologia dell’Università di Neuchâtel (Svizzera), dotato di una sonda FL02 per acque superficiali e da laboratorio, del diametro di 160 mm, utilizzabile per misure veloci.
Una sonda FL20 idonea per misure in pozzi profondi, diametro di 48 mm ed un cavo di 120 m, è stata invece installata nel Torrente Rosandra al punto [M]. Per quanto riguarda le curve di taratura delle sonde, sono state utilizzate soluzioni standard a diverse concentrazioni coprendo il range di sensibilità dello strumento. Mediante le sonde fluorimetriche utilizzate nel presente lavoro (periodicamente tarate in laboratorio) è stato possibile determinare, con buona accuratezza, un intervallo di concentrazioni di Uranina compreso tra 10-6 e 10-4 g/L.
I fluocaptori, messi in contenitori che garantiscono il costante attraversamento del flusso idrico, sono materiali in grado di adsorbire il tracciante e concentrarlo anche se fortemente diluito nell’acqua; per questo motivo sono comunemente impiegati nelle campagne di tracciamento, in subordine ai campionamenti, giacché i dati che si traggono sono soltanto qualitativi. Per adsorbire l’Uranina sono stati impiegati carboni attivi dei “Laboratori B&B”, a granulometria variabile, risultati dalle prove di laboratorio i più efficaci nell’adsorbimento.
Per l’estrazione dell’Uranina dai carboni attivi è stata impiegata una soluzione alcolica d’idrossido di potassio, preparata mescolando in parti uguali etanolo assoluto e KOHaq al 15%. I carboni con la soluzione alcolica sono stati poi passati allo stirrer per 1 ora, filtrati con membrane di acetato di cellulosa 0,45m e gli eluiti letti tramite fluorimetro da banco. Precedentemente al test, nei punti [S1-2-3-4-5-6], sono stati raccolti campioni d’acqua e posizionati fluocaptori i giorni 11/5/2004 e 14/05/2004, successivamente prelevati, per la determinazione dei bianchi di riferimento (livelli di fondo naturale), così pure al punto [M] la sonda fluorimetrica FL20 è stata installata il giorno 11/05/2004 per la lettura del livello di fondo naturale, programmata per acquisire misure ogni 4 minuti per l’intera durata dell’esperimento.
Il giorno 15/05/2004 alle ore 12 40’, nella Fessura del Vento, sono stati immessi 2 kg di Uranina nel “Rio del lago azzurro” scorrente nel “Ramo Nord” alla quota di circa 218 m s.l.m. Il tracciante è stato preventivamente diluito.
Ai punti [S1-6], sempre tra le ore 17 e 18, i prelievi dei campioni d’acqua, assieme alla sostituzione e raccolta dei fluocaptori, sono avvenuti giornalmente dal 16/05/2004 al 24/05/2004, poi ogni due giorni, nelle date 26-29/05/2004, ed infine al 29/05/2004. Ad ogni sopralluogo sono state eseguite osservazioni sulle condizioni idrologiche.
La sonda FL20 installata al punto [M] per il monitoraggio in continuo è stata disinstallata il giorno 08/06/2004 (dopo 29 giorni), onde rilevare in dettaglio l’eventuale restituzione del tracciante nei recapiti controllati, tutti collettati dal Torrente Rosandra, o di altri comunque recepiti nel torrente. Al lato pratico, essa è stata disinstallata non prima di aver costatato l’appiattimento della curva di decremento del tracciante restituito, non escludendo, per questo, possibili ritenzioni nell’acquifero. Il lungo monitoraggio si è reso necessario per controllare possibili biforcazioni dei percorsi delle acque sotterranee (almeno fino alla sezione monitorata), come appurato nell’idrologia carsica del versante opposto: vedi il caso del recente tracciamento degli inghiottitoi di Beca-Occisla, con recapiti, in tempi differenti, sia alle Sorgenti di Bagnoli (Italia) sia alle Sorgenti del Risano (Rižana) (Slovenia) (KOGOVŠEK J. & PETRIC M., 2004).
Per la correlazione con gli eventi piovosi sono stati utilizzati i dati della stazione meteorologica di AREA Science Park, in località Padriciano, a quota 370 m s.l.m. posta sul bordo dell’altopiano del Carso prospiciente il golfo di Trieste 6 km a NW dalla Val Rosandra (Fig. 3). Detta stazione, per posizione e vicinanza è rappresentativa del clima della Val Rosandra, poiché entrambe le località sono zona di transizione tra il clima mediterraneo della fascia costiera e quello subcontinentale degli altopiani carsici.
Fig. 3. Precipitazioni (mm) dei mesi aprile, maggio, giugno 2004 alla stazione meteorologica di AREA Science Park, loc. Padriciano. Precipitation (mm) April-June 2004 in weather station of AREA Science Park near Padriciano.
6. Risultati
Nel periodo iniziale del test le portate ai punti campionati erano le seguenti: [1] alla Sorgente Zro_ek, attorno 3-5 L/s; [2] il Torrente Rosandra alla sezione posta circa 100 m a monte dell’Antro delle Ninfe: attorno 0,5-0,6 m3/s; [S3] all’Antro delle Ninfe: attorno 2 L/s; [S4] il Torrente Rosandra alla sezione posta circa 10 m a monte della Sorgente Clinciza: attorno 0,8-1 m3/s, [S5-6] alla Sorgente Clinciza con il “troppo pieno” innescato: complessivamente attorno 15 L/s. Il Torrente Rosandra, quindi, presentava tipiche portate di morbida, contrariamente, quelle della Sorgente Clinciza erano relativamente basse, mentre era invece innescato il “troppo pieno” rappresentato dalla Grotta presso la Fonte Oppia che, da ripetute serie d’osservazioni e misure in nostro possesso (3 anni), solitamente è inattivo.
Prima del test, dal 29/04 al 13/05/2004 sono caduti sull’area fra Trieste ed il Carso 108,1 mm di pioggia: un periodo piovoso, quasi continuo, che giustifica le portate di morbida del Torrente Rosandra e, probabilmente, l’innesco del “troppo pieno” della Sorgente Clinciza. Il test e l’inizio della restituzione del tracciante sono poi avvenuti in regime non perturbato, poiché nel periodo non ci sono state precipitazioni.
Il campionamento ai punti [S5 e 6] ha dato esito positivo il giorno 18/05/2004. Le curve di concentrazione di Uranina nei campioni d’acqua hanno registrato il picco al prelievo del giorno 20/05/2004 con 230 ppb al punto [S5], poi c’è stato il decremento della curva. In nessun altro punto campionato si sono misurati valori superiori al fondo naturale.
Quindi, il tracciante è uscito solo alla Grotta presso la Fonte Oppia ed alla Sorgente Clinciza, e nella prima la concentrazione di Uranina è stata sempre maggiore (Fig. 4).
Fig. 4. Concentrazioni di Uranina (ppb) rilevate dai campioni d’acqua. [S1] Sorgente Zro_ek. [S2] Sezione del Torrente Rosandra posta circa 100 m a monte dell’Antro delle Ninfe. [S3] Antro delle Ninfe VG 2687. [S4] Sezione del Torrente Rosandra posta circa 10 m a monte della Sorgente Clinciza. [S5] Grotta presso la Fonte Oppia VG 4331, sorgente intermittente [S6] Sorgente Clinciza. Concentration of Uranine (ppb) in collected water samples. [S1] Zro_ek Spring, [S2] Rosandra Stream 100 m before the “Antro delle Ninfe” spring, [S3] “Antro delle Ninfe” spring, [S4] Rosandra Stream 10 m before the Clinciza Spring, [S5] “Grotta presso la Fonte Oppia” VG 4331, intermittent spring, [S6] Clinciza Spring.
L’analisi delle soluzioni estratte dai fluocaptori, che riteniamo inutile riportare giacché trattasi di valori solo qualitativi, hanno dato il medesimo esito.
L’esame del monitoraggio mediante sonda fluorimetrica al punto [M] indica quanto segue (Fig. 5). La media del livello di fondo naturale, calcolato dal giorno 11/05/2004 all’iniezione del tracciante è di 1,27 ppb; valori che si correlano perfettamente con le analisi dei bianchi di riferimento dei campioni ai punti [S1-6]. L’inizio della curva di restituzione del tracciante (a) coincide con il brusco innalzamento dei valori oltre il 50% rispetto alla media (1,9 ppb), cioè alle ore 3.00 del 18/05/2004, a 62h 20’ dall’iniezione, poi persistente; l’inizio della curva di incremento (b) avviene alle ore 17.00 del 18/05/2004 con l’attestarsi delle concentrazioni attorno valori medi di 5 ppb; la curva si impenna (c) alle ore 15.00 del 19/05/2004, rispetto ai valori medi di 5 ppb, molto bruscamente. Il colmo della curva (d) si è registrato alle ore 22.21 del 20/05/2004 con 63,64 ppb. La chiusura della curva di decremento si è registrata alle ore
13.00 del 23/05/2004. La curva di restituzione dell’Uranina, dal suo impennarsi, è assimilabile ad un unico grande impulso, anche se frazionato in quattro picchi. Successivamente alla chiusura della curva di decremento, concentrazioni di valori più elevati, attorno ai 15-20 ppb, su un “fondo” di poco superiore a quello medio del periodo, si registrano sporadicamente. I picchi secondari rilevati dalla sonda fluorimetrica forse sono attribuibili a due eventi piovosi: il primo nei giorni 21-23/05/2004 con 20,6 mm, il secondo nei giorni 28-29/05/2004 con 1,7 mm; in particolare il primo evento, dato che il secondo è insignificante, potrebbe essere responsabile dei picchi della coda della grande curva di decremento o, più probabilmente dati i tempi di risposta del sistema, dei più alti valori rispetto alla media del nuovo “fondo” contaminato dal tracciante, fino a 20 ppb, tra i giorni 24-26/05/2004. Si può stimare che le diluizioni al punto [M] del Torrente Rosandra, rispetto alle concentrazioni di Uranina alle sorgenti “Clinciza” con il “troppo pieno”, siano dell’ordine di 3-4 volte.
Fig. 5. Concentrazioni di Uranina (ppb) misurate al punto [M] mediante sonda fluorimetrica nel Torrente Rosandra a Bagnoli sup. Concentration of Uranine (ppb) detected by fluorometer probe in the Rosandra Stream near Bagnoli sup, point [M].
Tra il gruppo delle “sorgenti del Crinale” [S5-6] e la sonda fluorimetrica [M] c’è un tratto del Torrente Rosandra di circa 730 m: trascurabili ai fini pratici, data la velocità del torrente, per la stima dell’inizio della restituzione del tracciante alle sorgenti poste a monte, giacché con i prelievi puntuali ai siti [S5-6] essa si può solo registrare avvenuta dopo il prelievo del 17/05/2004. Per cui, convenzionalmente, tenuto conto della distanza apparente di 900 m tra il punto d’iniezione e i punti d’uscita del tracciante [S5-6], calcoliamo le seguenti velocità apparenti delle acque sotterranee tracciate: inizio restituzione tracciante (a) 0,40 cm/s (pari a 14 m/h), inizio della curva d’incremento (b) 0,32 cm/s (pari a 11 m/h), inizio dell’impennarsi della curva (c) 0,25 cm/s (pari a 9 m/h), colmo della curva (d) 0,19 cm/s (pari a 7 m/h).
7. La circolazione delle acque sotterranee: prime ipotesi
Il lembo del Monte Stena, pur appartenendo orograficamente al Carso, dal punto di vista idrogeologico è invece tributario della Val Rosandra, sicuramente fino al Flysch della “sinclinale di Beca-Occisla” nella zona da Draga S. Elia al Monte Grociana, sul quale sono sovrascorsi i calcari della dorsale dei monti Concusso-Castellaro. Il test di tracciamento ha dimostrato come parte delle acque che alimentano la Sorgente Clinciza provengano, infatti, da questo settore. Ciò significa, che nell’area esiste uno spartiacque sotterraneo che divide le acque drenanti verso il Carso da quelle drenanti verso la Val Rosandra.
Le informazioni attuali non consentono, ancora, di localizzare la posizione di questo spartiacque. Una prima ipotesi, legata esclusivamente alle caratteristiche geologiche dell’area, può essere formulata invocando forse nelle strutture disgiuntive poste a N dell’abitato di S. Lorenzo, costituenti una fascia di confine tra la zona appartenente alla “piattaforma di Komen” (Carso) e la zona appartenente alla “struttura embricata della _i_arija” (Val Rosandra), una funzione di spartiacque. Si tratta di due masse adiacenti localmente ben differenziate; in particolare, oltre alle caratteristiche tettoniche già illustrate, la giacitura della stratificazione della prima massa (area a N di San Lorenzo) ha un’immersione verso SE, mentre quella della seconda massa (area tra S. Lorenzo, il M. Stena e Draga S. Elia) ha un’immersione verso E ed ENE. Ipotesi, precisiamo, tutta da verificare. Assume importanza fondamentale, sicuramente, le strutture di tamponamento rappresentate dalle rocce impermeabili: sul versante del Monte Carso quelle al muro della “faglia del Crinale”, sul versante opposto quelle al muro di una faglia che lo attraversa allineata lungo i solchi torrentizi che scendono da S. Lorenzo. Queste strutture, che dal plateau del Monte Carso proseguono fino ad ovest di S. Lorenzo, rendendosi poi poco distinguibili a causa dell’elisione delle rocce silico-plastiche, formano una lunga barriera alla circolazione delle acque sotterranee dell’area, forzandole ad uscire nel punto di massima depressione topografica rappresentato dall’intersezione con l’alveo del Torrente Rosandra. Nella zona d’alveo, però, le rocce silico-plastiche non compaiono, essendo elise o troncate, a causa di faglie che svincolano le strutture citate.
Il test dimostra, inoltre, che le acque del “Rio del lago azzurro” superano le barriere di rocce impermeabili a reggipoggio alla base della Fessura del Vento, legate alle faglie inverse localizzate sia all’ingresso della grotta sia lungo il versante vallivo sottostante. Il motivo non è ancora chiaro, si può tuttavia ipotizzare, semplicemente, che dette faglie abbiano radici poco profonde, da cui l’estinzione dei termini silico-clastici generalmente sottoscorsi, senza però escludere il loro troncamento causato da altre faglie. In ogni caso, il rilevamento di dettaglio di queste strutture eseguito in occasione dello studio, contrariamente a quanto precedentemente conosciuto, mostra più scaglie ed una geometria che implica una scarsa estensione all’interno del versante di tali lembi impermeabili incuneati nei calcari (Fig. 6).
Fig. 6. Sketch idrogeologico della Val Rosandra. Nella sezione A-A’ è riportata l’area della Sorgente Clinciza, nella sezione B-B’ è riportato il profilo della Fessura del Vento. 1: Calcare ad Alveoline e Nummuliti, calcari marnosi; 2: marne; 3: Flysch marnoso-arenaceo; 4: iniezione Uranina; 5: uscita Uranina; a, b, c: reticolo di Schmidt, emisfero inferiore, proiezione equiareale di: a) 500 poli di joints dei calcari incarsiti del Monte Stena e del versante Nord della Val Rosandra, percentuali 0-1-3-5>5%, b) 100 poli di joints delle marne e del Flysch marnoso-arenaceo, stessa area, percentuali 0-1-3-5>5%, c) 50 poli di strati (ss) nei calcari e nel Flysch, stessa area,percentuali 0-1-4-7>7%. Hydrogeological sketch in Rosandra Valley. In the section A-A’ the “Fessura del Vento” profile, in the section B-B’ the Clinciza Spring area. 1: Alveolinid-nummulitid limestone, marly limestones; 2: marls; 3: marly-arenaceous flysch; 4: injection Uranine; 5: outflow Uranine; a, b, c: lower hemisphere equal-area Schmidt stereonets showing: a) 500 joint poles in karstified limestones of Stena Mt and the Rosandra Valley North slope, contour density 0-1-3-5>5%, b) 100 joint poles in marls and marly-arenaceous flysch, in the same area, contour density 0-1-3-5>5%, c) 50 layer poles (ss) in limestones and Flysch, in the same area, contour density 0-1-4-7>7%.
La distanza apparente tra il punto d’iniezione del tracciante e la Sorgente Clinciza è di soli circa 900 metri; il tempo d’inizio restituzione del tracciante è (alla sonda fluorimetrica) di circa 2g 14h 20’. La velocità media (Vm) del “Rio del lago azzurro” nel “Ramo Nord”, misurata nell’arco di un anno, escluse le velocità di piena superiori ai 20 cm/s, è attorno ad 11 cm/s (D’AMELIO et al., 1997); al momento dell’immissione del tracciante, la portata del “Rio del lago azzurro” era abbondante: attorno a 5 L/s, con una Vm del ruscello sotterraneo di circa 15 cm/s; in via del tutto teorica, con questa velocità, il tracciante avrebbe dovuto percorrere la distanza apparente dalla Sorgente Clinciza in circa 100’: valore che non ha alcuna correlazione con l’effettivo tempo d’uscita di 64h 20’, tanto meno con quello del colmo della curva a 98h 20’. Si noti che la galleria del “Rio del lago azzurro” (almeno nel tratto fino ad oggi conosciuto: “Ramo Nord”) è scarsamente segmentata, caratterizzata invece da lunghi tratti rettilinei e rotture di direzione brevi ed a basso raggio di curvatura.
Sul versante opposto, il test di tracciamento con Uranina recentemente eseguito da KOGOVŠEK & PETRIC (2004), tra gli inghiottitoi di Beca-Ocisla e le Sorgenti di Bagnoli, con una distanza apparente di circa 2800 metri, ha indicato dall’iniezione una restituzione del tracciante in 84 h con una velocità media apparente di 33 m/h; pur essendo impossibile un confronto, emerge una fortissima differenza tra i due casi. Nel caso in oggetto, infatti, le Vm apparenti si possono stimare tra 7 e 14 m/h: molto lente, soprattutto considerando che il regime idrologico era di morbida. La curva d’incremento/decremento del tracciante alla Sorgente Clinciza è di tipo “impulsivo” (MANGIN, 1984) (assimilabile ad un unico impulso), e ciò presuppone flussi in condotte carsiche ben individualizzate, poi, la sua restituzione in un unico recapito (almeno a breve-medio termine) ne avvalora l’ipotesi. Il lungo tempo d’inizio restituzione, se correlato alla piccola distanza apparente, può significare che le acque di scorrimento della Fessura del Vento entrino in una zona satura (o epifreatica) costituita da canalizzazioni di ridotte dimensioni, ancora reticolare, a basso gradiente, quindi una lunghissima percorrenza, in cui la circolazione è molto più lenta. Una condizione idrogeologica sostanzialmente differente dallo scorrimento vadoso osservato nella Fessura del Vento. Tale diversità troverebbe sostegno nell’evidenza di un sistema di grotte “multifase” (FORD & WILLIAMS, 1996) all’interno del Monte Stena, con un assetto plurilivello, dove l’attuale livello di cavità alle quote sorgive sarebbe di recente, ed incipiente, sviluppo. Si precisa che il già citato livello di scorrimento del “Rio del lago azzurro” tra le quote circa 235-215 m s.l.m., caratterizzato anche da sifoni, è posto circa alle stesse quote dei sifoni che chiudono in profondità, sul versante opposto, il sistema degli inghiottitoi di Beca-Occisla (267-219 m s.l.m.) nella valle di Loke (ZUPAN HAJNA, 2004): sostanzialmente si tratta in entrambi i casi di livelli epifreatici “sospesi” sui, più bassi, livelli sorgivi: un dato che farebbe supporre stadi comuni nell’evoluzione degli acquiferi carsici dell’intera area, collegati ai cambi di gradiente e abbassamento del livello piezometrico. Ciò tuttavia non deve indurre in errate considerazioni: su entrambi i versanti della Val Rosandra si sviluppano grotte in condizioni vadose a quote inferiori, dimostrando che gran parte della massa calcarea più esterna dei massicci è, ormai, una zona insatura. In ogni caso l’effetto-coda (tailing effect), rispetto alla brusca rampa d’incremento che caratterizza la curva di restituzione del tracciante [M], oltre a dipendere dai fenomeni generali che presiedono alla dispersione
(assorbimento-deassorbimento, larga diffusione molecolare, diluizione, etc.) potrebbe pure essere correlato ad una possibile morfologia della condotta: per esempio con sequenze di micro-bacini di espansione lungo il percorso; quindi una somma di effetti-ritardo che, parzialmente omogeneizzandosi, avrebbero determinano una più accentuata dispersione, o “tailing effect”, come verificato sperimentalmente da JEANNIN & MARÉCHAL (1998).
Riguardo all’insolito comportamento della Sorgente Clinciza, già descritto, rispetto alla morbida del Torrente Rosandra, allo stato attuale delle conoscenze queste contraddizioni (forse apparenti) non trovano esatta spiegazione, se non considerando la circolazione delle acque della Fessura del Vento, nella zona epifreatica-freatica della massa calcarea del Monte Stena, come più complessa di quanto sembri. Il flusso tracciato al “troppo pieno” della Grotta presso la Fonte Oppia si è, tra l’altro, “sovrapposto”, come concentrazioni di Uranina, a quello della Sorgente Clinciza. Si tenga presente che le velocità apparenti dei deflussi sotterranei, determinate con i tempi di restituzione dei traccianti, sono condizionate dall’idrodinamica esistente durante i test più che essere strettamente correlate con l’estensione delle zone sature. Il tracciante, inoltre, è stato veicolato in condotte, provenienti dal versante N della valle, che hanno oltrepassato in profondità l’alveo del Torrente Rosandra, sboccando dalla riva opposta (versante del Monte Carso); casi simili sono tuttavia noti in letteratura. Ciò, non fa che avvalorare quanto già conosciuto, o supposto, in merito all’esistenza di una rete di condotti freatici sottostanti l’alveo.
Prima di drenare verso la Sorgente Clinciza, si può ipotizzare che il “Rio del lago azzurro” penetri ancora verso N all’interno del Monte Stena, fino a trovare le condizioni per una sua retroversione. Ciò probabilmente (considerando il desunto, più probabile, vettore idraulico) lungo le grandi fratture dei sistemi di taglio NNE-SSW ed ENE-WSW genericamente in posizione “hk0” (referenziazione di B. Sander, su asse B1=_1 SE-NW dai dati di CUCCHI et al. 1987 e BALLARIN et al. 1994) (Fig. 6, a) che, già, hanno impostato parte del “Ramo centrale” e l’intero “Ramo Nord” del “Rio del lago azzurro” della Fessura del Vento, mentre il “Ramo terminale” che chiude la cavità è prevalentemente impostato su piani di stratificazione (SEMERARO, 1967). Detta retroversione può avvenire anche prima che il corso d’acqua raggiunga la piezometrica del livello sorgivo, semplicemente ostacolato dallo sbarramento profondo posto circa 5-600 m a N costituito dalle marne e dal Flysch della “sinclinale di Beca-Occisla”. Un’ipotesi alternativa è, che il “Rio del lago azzurro” si porti verso SE/SSE lungo interstrati e fratture, così da aggirare la cascata del Torrente Rosandra, poi volgere a NW verso la Clinciza: ipotesi però meno probabile giacché la massa carsificabile retrostante la cascata ha poco volume poiché subito a monte della sua soglia c’è il contatto con la “Marna a Cancer”.
Il test, inoltre, ha spiegato alcuni aspetti finora oscuri della Sorgente Clinciza. Sintetizziamo quanto conosciuto. Innanzi tutto, il subalveo del Torrente Rosandra, dalla Sorgente Clinciza fino alla cascata situata a monte, è sicuramente caratterizzato da una falda in rete carsica in parte alimentata dalle perdite del torrente nei calcari, che poi tutte o in parte riemergono dalla sorgente stessa: numerosi indizi quali, il rinvenimento, in questo tratto, in un sondaggio meccanico di carsismi a 60 metri di profondità dalla quota d’alveo, la comparazione delle misure di portata in magra su varie sezioni del torrente, l’inghiottimento totale del torrente ai piedi della cascata (a 138 m s.l.m.) nei periodi di massima magra sotto la soglia di circa 4 L/s, nonché test di tracciamento qualitativi, lo confermano (MARTINIS, 1971; SANCIN, 1988; BALLARIN et al., 1994; D’AMELIO et al., 1997). I valori termometrici della Sorgente Clinciza indicano un bacino d’alimentazione esteso ma non profondo, le caratteristiche chimiche (rispetto alle altre acque superficiali e sorgive dell’area Val Rosandra e Monte Carso) sono intermedie tra quelle proprie degli scorrimenti su matrici calcaree e flyschoidi (BALLARIN et al., 1994), con una variabilità stagionale nettamente inferiore rispetto a quella del Torrente Rosandra (ADAMI et al., 1997). I valori isotopici dell’ossigeno della Sorgente Clinciza (normalmente più negativi di quelli dell’Antro delle Ninfe) sono compresi tra _18O –7,21‰ e _18O –7,59‰, mentre rispetto al Torrente Rosandra si nota un’inversione nel periodo autunnale/invernale, dove la composizione isotopica dell’acqua della sorgente ha un andamento positivo (D’AMELIO et al., 1997), suggerendo vi sia la restituzione di acque immagazzinate in precedenza entro un serbatoio in cui esse hanno avuto il tempo di omogeneizzarsi isotopicamente.
Con i risultati del test di tracciamento alcune di queste peculiarità possono essere comprese, considerando – come effettivamente ora risulta – una maggior estensione del bacino della Sorgente Clinciza rispetto all’area supposta in passato ed una assai probabile più vasta zona satura. Non è invece sicuro, a differenza di quanto si ritenesse in passato, quanto effettiva sia la barriera formata dal Flysch della “faglia del Crinale” secondo SE/SSE-NW/NNW che caratterizza il versante meridionale. Un sondaggio meccanico eseguito in alveo del Torrente Rosandra, immediatamente a monte della Sorgente Clinciza a quota 100 m s.l.m., spinto fino a 90 m di profondità, ha incontrato esclusivamente calcari terziari (MARTINIS, 1971), indicando che, o la “faglia del Crinale” in profondità si verticalizza ancor più dei circa 60- 70° d’inclinazione rilevabili in superficie, oppure che il Flysch si estingue.
Fig. 7. Mappa idrogeologica dell’area della Sorgente Clinciza. 1: Calcare ad Alveoline e Nummuliti; 2: calcari marnosi; 3: marne; 4: Flysch marnoso-arenaceo; 5; depositi eluvio-colluviali, placche di detrito e brecce calcaree; 6: alluvioni; 7: strati; 8: faglie inverse principali; 9: faglie; 10: sorgenti e cavità (1 Buco del gamberi VG 4301, 2 Grotta presso la Fonte Oppia VG 4331, 3 Sorgente Clinciza, 4 condotta impenetrabile, 5 Cunicolo presso la Fonte Oppia VG 5228, 6 Sorgente sotto l’antica rocca di Moccò). Hydrogeological map of Clinciza Spring area. 1: Alveolinid-nummulitid limestone; 2: marly limestones; 3: marls; 4: marly-arenaceous flysch; 5: eluvio-colluvial deposits, talus, calcareous breccias; 6: alluvium; 7: layers; 8: main reverse faults; 9: faults; 10: springs and cavities (1 “Buco dei gamberi” VG 4301 (“Crayfish cave”), 2 “Cave near Fonte Oppia” VG 4331, 3 Clinciza Spring, 4 impassable conduit, 5 “Conduit near Fonte Oppia” VG 5228, 6 Spring under the ruins of Moccò castle).
In effetti, il rilevamento di dettaglio eseguito in occasione di questo studio (Fig. 7) ha mostrato una situazione diversa da quella precedentemente conosciuta: in corrispondenza della zona d’alveo del torrente e per un tratto di circa 150 m lungo il versante N affiora esclusivamente il Calcare ad Alveoline e Nummuliti, poiché i termini silico-clastici sono dislocati ed elisi da faglie sub-normali che svincolano ed interrompono la “faglia del Crinale”; questi termini riprendono poi lungo, probabilmente, lo stesso piano, ma torso secondo N-S, formando un tamponamento lungo il versante settentrionale. La “faglia del Crinale” è perciò meglio definibile come “sistema della faglia del Crinale”. Ipotetiche canalizzazioni carsiche, sifonanti, potrebbero quindi comunicare direttamente con la massa calcarea dei monti Carso e S. Michele, separati dall’incisione del Torrente Rosandra che oltrepassata la “faglia del Crinale” piega verso SW con un netto orientamento “anti-dinarico”. Non a caso, una serie d’importanti fenomeni carsici e sorgivi si sono concentrati proprio in questa “stretta” calcarea (o “corridoio”) tra due barriere impermeabili: la Sorgente Clinciza ed un’altra sorgente (mai prima ad ora descritta, che denominiamo “Sorgente sotto l’antica rocca di Moccò”) che scaturisce meno di 100 m a valle della “Clinciza” dal detrito del canalone del versante N a quota 104 m s.l.m., poi, nella zona d’alveo presso la “Clinciza”, a brevissima distanza l’una dall’altra, le cavità Grotta presso la Fonte Oppia VG 4331, Cunicolo presso la Fonte Oppia VG 5228 e Buco dei Gamberi VG 4301, tutte con morfologie freatiche, dove l’ultima è normalmente sommersa essendo situata sotto il Torrente Rosandra.
In quest’eventualità, durante il test, il tracciante immesso, veicolato in queste ipotetiche condotte, potrebbe aver “contaminato” l’acquifero carbonatico della massa dei monti Carso e S. Michele. Sempre per ipotesi, un’eventuale “contaminazione” di quest’acquifero potrebbe essere avvenuta a causa delle ingenti perdite del Torrente Rosandra nei calcari a valle della “faglia del Crinale” (D’AMELIO et al., 1997), come pure, lo stesso acquifero carbonatico, potrebbe essere stato “contaminato” dal tracciante a causa del suo ravvenamento da parte della falda freatica delle alluvioni grossolane del Torrente Rosandra tra Bagnoli superiore e Bagnoli della Rosandra.
La profondità del carsismo nel subalveo del Torrente Rosandra tra la Sorgente Clinciza e l’inghiottitoio (impenetrabile) ai piedi della cascata situata a monte, costituisce un quesito di rilevante importanza locale, anche per la discussa eventuale presenza di canalizzazioni sifonanti in corrispondenza della “faglia del Crinale”. A soli 1.300 metri a valle della Sorgente Clinciza, in sinistra idrografica (versante del Monte Carso), ad una quota inferiore di 37 m, scaricano le Sorgenti di Bagnoli costituenti lo sbocco di un sistema di condotte carsiche la cui principale è l’Antro di Bagnoli VG 105 sfiorante a 56,30 m s.l.m. L’Antro di Bagnoli si estende per oltre 50 di metri in profondità: punto più avanzato (prossimo allo zero marino) raggiunto dagli speleosub costatandone la prosecuzione. La condotta principale delle Sorgenti di Bagnoli è quindi ormai ad una quota ben inferiore a quella dell’adiacente alveo in roccia sepolto del Torrente Rosandra, dato che questo (lungo questa sezione) è a circa 20 m s.l.m. coperto da circa 40 m di alluvioni ghiaiose: quota desunta mediante sondaggi meccanici e prospezioni geofisiche (BALLARIN et al., 1994). L’esistenza di un reticolo di condotte freatiche profonde, forse un unico sistema esteso dall’area da monte a valle della Sorgente Clinciza, viste le evidenze ed i dati indiretti, non è perciò semplice ipotesi.
Ringraziamenti
La presente ricerca è stata realizzata grazie ad una collaborazione tra la Geokarst Engineering S.r.l. di AREA Science Park ed il Gruppo Speleologico San Giusto, dove il primo ha messo a disposizione i mezzi d’indagine ed il personale di laboratorio, mentre il secondo si è assunto l’onere delle operazioni in grotta ed in campagna. A tutti gli speleologi che hanno partecipato al test: Alessandro Cernivani, Gianni Colombo, Edoardo Gobet, Paolo Malandrino, Ilario Muggia, Luciano Perini, Massimo Razzuoli, Giuliana Sanzin, contribuendone alla riuscita, va il nostro ringraziamento. Si ringrazia inoltre Andrea Tagliapietra (Geokarst Engineering S.r.l.) per il lavoro in CAD; Franco Stravisi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Trieste che ha fornito i dati della Stazione meteorologica di AREA Science Park località Padriciano.
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