Il Partigiano non ha fine!!
Dopo il week-end precedente, speso per allargare alcuni passaggi nelle parti iniziali della cavità a causa delle previsioni meteo avverse (che poi non ha fatto neanche una goccia), questa settimana si torna finalmente ad esplorare.
Partiamo già Sabato pomeriggio Omar, Flavia, Stefano (extra gruppo) ed io, dormiremo nella baracca in lamiera adiacente agli scavi di un altro inghiottitoio che vengono portati avanti da Marino, Bizio, Sganga, Gianni ed altri. La serata scorre tra una piadina ed una birretta, ci corichiamo presto, in modo da svegliarci ad un’ora decente, per riuscire ad entrare in anticipo rispetto al gruppo che ci raggiungerà da Trieste la mattina, cosi da permettere ad Omar e Flavia di avere più tempo per rilevare.
Ovviamente tiriamo un pò sulla sveglia, ma va meglio dell’altra volta e poco dopo le 7 siamo in piedi. Rituali mattutini per tutti, caffè e cicchin, e poi via a cambiarsi. Nel momento in cui partiamo, per raggiungere l’ingresso, vediamo sopraggiungere l’auto di Mauro, aspettiamo per salutarli. C’è come al solito Alex, e questa volta anche Silvia, iscritta a Grotta Continua. Li lasciamo a cambiarsi e partiamo per l’entrata.
Scendiamo fino a raggiungere il punto limite del rilievo, raccogliendo per strada tutto il materiale disponibile, per portare tutto nella grande sala. Da qui ci salutiamo e lasciamo Omar e Flavia a disto e palmare. Procediamo spediti fino alla sala, qui dovremmo aspettare l’arrivo di Mauro, Alex e Silvia, che portano il trapano necessario per la risalita, ma sappiamo che si fermeranno per strada a migliorare qualche armo fatto in troppa fretta durante le esplorazioni (tipo partenze singole e corde che gratta).
RILIEVO IN PIANTA DELLA CAVITA’ FINO A POCO PRIMA DELLA SALA
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Dopo uno spuntino cerchiamo un posto agevole per l’installazione di un possibile futuro campo. Proviamo a spianare una zona asciutta in sala, che però richiederebbe l’uso di un piccone. Andiamo a curiosare allora nelle gallerie, ma i segni dell’acqua lasciano intuire la fine che farebbe una tendina in questa zona.
Torniamo indietro, e visto che ancora non ci hanno raggiunto, per non restare a prendere freddo, cominciare a cercare qualche prosecuzione dalla parte opposta della sala rispetto all’entrata, dove già Edo la volta scorsa aveva intuito qualche possibilità grazie ad una notevole corrente d’aria. Troviamo il passaggio in alto, bisogna arrampicare qualche metro di facili roccette e ci si trova in una saletta tra la frana (il tetto è lo specchio di faglia), da qui c’è una seconda arrampicata più esposta e resa sgradevole dalla presenza di massi enormi in precarie condizioni di equilibrio. Va Stefano, mentre io aspetto discosto per evitare eventuali crolli. Visto che in alto c’è un buon naturale, un pò spostato, che aiuta a non camminare proprio su quei massi equilibristi. Decidiamo che vada a prendere una corda per poi lanciarglierla. Torno in sala, recupero una corda e l’attrezzatura e torno da Stefano, che nel frattempo è andato a vedere un pò più su, e mi sta gridando: “sto qua no xè un meandro, xè una galeria autostradal!!!!”, ora corro per raggiungerlo. Fissata la corda salgo e mi trovo di fronte al buio, neanche col faro di profondità da qui non riesco a scorgerne la fine. Partiamo a razzo e risaliamo una china detritica, il soffitto, come nella sala vicina, è definito dallo specchio di faglia. Ben presto però, ci ferma una risalita di piccole dimensioni, che non è possibile fare in libera (O forse si se non fossimo cosi lontani dall’ingresso. Non è proprio il caso di farsi male qui). Torniamo euforici sui nostri passi, e subito arrivati in sala incontriamo gli altri tre. Mauro e già partito per continuare la risalita, gli urlo la scoperta e poi lo raggiungo per fargli sicura, mentre Stefano accompagna Alex e Silvia a vedere il nuovo salone.
Saliamo in artficiale per il primo tratto, poi una serie di terrazzini (bisogna immaginare di risalire una forra, non un camino), ci permettono di guadagnare metri arrampicando senza l’ausilio del trapano. Di nuovo poi un salto abbastanza importante che ci prende almeno una decina di fix. Arrivati sul ripiano appena raggiunto, ci accorgiamo che le strade si dividono: un meandro continua in salita con dimensioni imponenti, un altro sempre verso l’alto, lo percorriamo per un tratto fino a fermarci sotto un altro salto. Lungo questo c’è anche la possibilità di scendere, incrociando un altra faglia, orientata in maniera perpendicolare rispetto alla precedente, su cui si è formata una piccola galleria discendente, che convoglia l’acqua del meandro, per scomparire tra massi di frana fra cui spira una buona corrente d’aria.
Tornando al terrazzino, guardando di fronte a noi, nel soffitto, c’è un altro meandro che attraversa la faglia, raggiungibile solamente con un traverso. La zona è molto complessa e sicuramente con un occhio più attento le prossime volte verrano individuate ulteriori prosecuzioni non viste finora.
Saimo rimasti in due, e a corto di tempo e materiale, Stefano ed Alex, dopo aver rivisto delle prosecuzioni nelle gallerie, ed esser andati avanti ancora per dei cunicoli fino ad arrivare ad un restringimento, avevano deciso di tornare verso l’esterno. Silvia ci aveva raggiunto e poi aveva cominciato anche lei ad avvicinarsi alla superficie. Verso le 5 cominciamo anche Mauro ed io a scendere alla sala per poi risalire dalla parte nota.
Al punto in cui nel meandrone bisogna prendere la corda per alzarsi verso l’altro meandro, incontriamo Silvia che nel dubbio tra salire o proseguire dritta (quella zona è ancora inesplorata) ha preferito aspettarci. Saliamo veloci, grazie anche ai sacchi più leggeri del solito, e prima delle 8 e mezza siamo fuori.
Gli altri ci aspettano al Panorama, dove Omar attraverso il palmare può mostrarci gli sviluppi del rilievo. Ora sappiamo che le gallerie nel punto più profondo sono a -250m, ciò vuol dire, che togliendo la differenza di quota fra i due ingressi, siamo già 20-30 metri sotto il punto più fondo della Gabomba, e siamo anche molto vicini, anche se per ora solo alle sue parti alte. Sicuramente un collegamento, ora, potrebbe essere un buon obbiettivo, sia per creare un complesso di notevole sviluppo, che per aver accesso alle zone profonde del partigiano anche in caso di maltempo, se non altro come via di fuga.
Finiamo la bella giornata in trattoria, a recuperare le energie perdute.