VITA NASCOSTA

Come dice un vecchio adagio popolare: “Non tutto il male vien per nuocere”. Partendo da questo presupposto, mi accingo a raccontarvi una storia dai risvolti inaspettati.

All’inizio di quest’anno, io e la mia compagna, decidiamo di visitare la grotta del Carbone nei pressi del confine di Pesek. Questa cavità era già conosciuta dalla gente del posto come nascondiglio durante la seconda guerra mondiale. L’imboccatura si apre ai margini di un pianoro che poi digrada verso la Val Rosandra, si presenta con un’imboccatura abbastanza ampia che sprofonda per 14 mt fino ad arrivare alla base di una caverna. Da questo punto la grotta si sviluppa in più direzioni, la più interessante è quella che segue uno stretto cunicolo di circa due metri in parte allargato artificialmente, che ha permesso di accedere ad un antico sistema freatico ormai abbandonato dall’acqua e adesso parzialmente riempito da depositi di argille e concrezioni. Nella parte finale la condotta principale si biforca in due rami, per raggiungere la parte terminale di quello sinistro ho tolto parte dell’attrezzatura per passare una strettoia. E’ qui che succede il misfatto, tornando indietro recupero il pettorale dell’imbragatura ma non mi accorgo che la chiave d’armo e il cliff non sono attaccati sopra. Concludiamo il giro, usciamo e la settimana dopo decidiamo di visitare la grotta Sottomonte vicino a Fernetti. Scesi nella spaziosa caverna iniziale, mi accingo ad attrezzare il primo salto e con mi sommo stupore (incazzatura notevole) mi accorgo che la chiave che porto sempre attaccata al pettorale non c’è. Cerco di riavvolgere il nastro dei ricordi e deduco che l’attrezzatura deve essere rimasta da qualche parte nella grotta del Carbone. Ritorno pochi giorni dopo, ripercorro tutti i posti visti in nell’uscita precedente, e finalmente sul fondo trovo la mia tanto amata chiave d’armo e il mio cliff! Risalgo la corda appena messa, e inizio a scogliere il nodo di partenza fatto su un colonna, quando il mio occhio è attratto da una piccola vaschetta di stillicidio. All’inizio mi sembra di vedere soltanto qualche impurità che galleggia sulla superficie ma poi guardando meglio, mi accorgo che c’è un microscopico animaletto che si muove sospeso sulla superficie, ma stupore ancora più grande, altri insetti ancora più piccoli che saltano in tutte le direzioni! Provo a guardare in un’altra vaschetta ed anche qui ne trovo altri, evidentemente qui hanno trovato il loro habitat ideale. Ripenso alle lezioni di biospeleologia tenute dall’entomologo Andrea a Colla e mi ricordo che ci aveva parlato dei Collemboli. Esco felice della bella scoperta, e inizio a pensare a come poterla documentare senza recar loro danno. Arrivo a casa e controllo in internet ed effettivamente quelli che ho visto, sono proprio loro, dei simpatici animaletti che in realtà non sono degli insetti veri e propri ma fanno parte della classe degli Entognati (sottoclasse degli Esapodi). Penso alla fotografia e subito mi viene in mente Emilio, nostro nuovo socio appena uscito dal nostro corso di primo livello e fotografo di professione. Gli scrivo un messaggio e subito mi risponde in modo entusiasta, dicendomi che farà delle prove con gli strumenti che ha a disposizione vista l’esiguità dei soggetti. Ricevo il giorno dopo delle foto di prova ma l’ingrandimento non è sufficiente, mi dice che ordinerà delle lenti aggiuntive per la macchina. Non ho parole, non potevo trovare persona più adatta allo scopo! Finalmente arriviamo a lunedì undici febbraio, le lenti sono arrivate, ricevo subito delle nuove foto di prova, sembra che questa volta l’ingrandimento sia sufficiente a fare delle buone fotografie, non resta che mettersi d’accordo quando fare l’uscita. Questa settimana sono proprio incasinato, propongo mercoledì sera dopo il lavoro, mi aspetto un rifiuto, invece mi dice: “vedo di incastrare un paio di impegni!”. Ci troviamo alle 19:30 presso la chiesetta di Pesek, ci cambiamo rapidamente, veloce check up sull’attrezzatura, e via verso l’ingresso della grotta. Scesi il pozzo d’ingresso non resta che affrontare la strettoia io essendo magro non ho grossi problemi, per fortuna anche Emilio che ha sicuramente una corporatura più imponente della mia, ci passa a pelo! Arriviamo sul luogo dove la volta prima li avevo visti e per fortuna ci sono ancora. Emilio prepara la macchina e la luce e inizia a fotografare, io l’aiuto posizionando la fonte luminosa nelle varie direzioni. Ogni tanto guardiamo sullo schermo gli scatti, è emozionante vedere i particolari e scoprire che vicino al soggetto adulto ci sono anche dei cuccioli. Usciamo soddisfatti del lavoro svolto, non resta che scaricare le foto e vedere il risultato sullo schermo del computer. Il giorno dopo, nel pomeriggio ricevo gli scatti, il risultato direi che è più che positivo, considerando che le foto sono state fatte sul campo, la nitidezza è notevole! Non resta che girarle all’entomologo per avere conferma della specie. Passano pochi minuti dall’invio, e ricevo i primi messaggi che mi chiedono maggiori informazioni sul luogo del ritrovamento, poi il verdetto finale è uno di quelli che ti lascia senza parole:”Penso che tu abbia trovato la seconda stazione conosciuta di Disparhopalites Tergestinus, un collembolo da me descritto anni fa, scoperto in una grotta tra Basovizza e Gropada”.

Per concludere voglio ringraziare Emilio, una persona davvero speciale e la speleologia che in questi anni mi ha regalato grandi soddisfazioni. Questo caso e la riprova che non occorre trovare chilometri di gallerie o pozzi profondi centinaia di metri, ma basta una scintilla di vita nelle profondità della Terra.

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