XXXIV corso di speleologia di 1°livello

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Compatibilmente con le disposizioni in materia di Covid, dal 30 settembre al 29 ottobre 2021 si terrà il 34° corso di speleologia di 1° livello, che permetterà ai neofiti dell’ambiente sotterraneo di apprendere le necessarie tecniche di progressione su corda in maniera sicura, seguiti dagli istruttori riconosciuti dalla SSI, facenti capo alla scuola di speleologia “Edi Vascotto”, del GSSG.

Per informazioni ed iscrizioni:

3381327046 (telefonate, messaggi, whatsup, telegram) Sebastiano

info@gssg.it

Di seguito il volantino del corso

volantino corso

Ma voi lo conoscete il S. Olef?

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Ma voi lo conoscete il S. Olef?

No?!?E allora vi racconto la sua storia.

(altro…)

XXXIII Corso di Speleologia

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Quest’anno si rinnova l’occasione per imparare le tecniche di progressione su corda, e visitare alcune delle più caratteristiche cavità del carso triestino e non solo….

Il GSSG organizza dal 16 ottobre al 20 novembre il corso di I°livello, per approcciarsi al mondo verticale della speleologia e imparare le tecniche di progressione su sola corda, accompagnati da esperti istruttori riconosciuti dalla Società Speleologica Italiana.

Il corso si svilupperà su una base teorica e una pratica. La parte teorica, che si svolgerà presso la sede sociale del gruppo, tratterà i maggiori argomenti legati al mondo delle grotte, dallo sviluppo delle tecniche di progressione nel tempo, passando per la speleogenesi e geologia, entomologia, rilievo e topografia, etc. La parte pratica vi porterà a conoscere in un crescendo di difficoltà e impegno, alcune delle più belle cavità del carso triestino, ma non solo….

Vista la situazione sanitaria alquanto instabile, ci si riserva di poter rimandare il corso nel caso vi siano nuovi sviluppi e/o indicazioni riguardanti la situazione Covid.

Il corso è ovviamente a numero limitato di iscritti ed è necessaria l’iscrizione almeno 10gg prima dell’inizio delle lezioni, in modo da poter attivare l’essenziale assicurazione.

Per qualsiasi info potete rivolgervi al direttore del corso oppure scrivere alla mail del gruppo, qua sotto trovate i volantini e i contatti telefonici/mail.

A presto…

 

Direttore del corso:

3381327046 Sebastiano

info@gssg.it

 

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Grotta Valentina 2020

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Il consueto appuntamento primaverile con le visite alla grotta Valentina si ripeterà anche quest’anno, posticipato ovviamente a causa dell’emergenza sanitaria, appena sarà possibile programmare una data aggiorneremo il sito per invitarvi a visitare questo splendido gioiello del carso triestino.

Stay tuned

XXXII Corso di speleologia I livello

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Parte a novembre il nostro corso di speleologia di I livello, che si propone di insegnarvi le tecniche base per la progressione su corda in grotta.

Sei attirato dall’oscurità?

Vorresti provare nuove emozioni?

Da piccolo sognavi di essere Indiana Jones?

Vuoi colmare un vuoto? Esploralo!!

Questo è il corso che fa per te!

Il corso avrà luogo dal 5 novembre al 6 dicembre e si divide in 4 uscite pratiche in grotte del nostro territorio, e 8 lezioni teoriche, che porranno le basi per poter procedere in sicurezza su corda e cominciare ad esplorare questo fantastico mondo che è la speleologia……

Affrettati, i posti sono limitati, ci trovi in sede in via Udine 34 ogni venerdi dopo le 20e30, oppure puoi mandare una mail a info@gssg.it e verrai ricontattato.

Qui sotto trovi il volantino del corso, se lo condividi con gli amici ancora meglio…..a presto…..

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Open Day alla grotta Valentina 5 e 6 ottobre 2019

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Si rinnova anche quest’autunno l’appuntamento alla grotta Valentina, che vi permetterà di vivere un’esperienza unica, in compagnia di esperti speleologi attraverserete le meraviglie nascoste all’interno del nostro carso.

La grotta Valentina è un piccolo gioiello del nostro territorio,esplorata negli anni ’80, e preservata attraverso un chiusino che ne limita l’accesso, viene aperta al pubblico 2 volte all’anno.

La gita è adatta a tutti, bambini (al di sopra dei 4 anni) e adulti, non è richiesta nessuna abilità particolare in quanto una grotta a sviluppo prettamente orizzontale, attenzione però, non si tratta di una grotta turistica, non vi sono passerelle, dovrete immergervi e sporcarvi come un vero speleologo (assolutamente necessario un ricambio completo di scarpe e vestiario).

Le visite sono previste ogni 2 ore a partire dalle 10 del sabato, e dalle 9 di domenica, assolutamente necessaria la prenotazione in quanto vi è un numero massimo per ogni giro.

Prenotazioni attraverso messaggi sms o whatsup (verrete richiamati x conferma) o chiamate dopo le 17 al numero:

+39 351 6907127

 

Qui sotto trovate il volantino della manifestazione con ulteriori informazioni,

Buon divertimento.

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Anche Alberto Dini ci ha lasciati

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Anche Alberto Dini ci ha lasciati

di Rino Semeraro

Questo marzo 2019 anche Alberto Dini ci ha lasciati.

Fu uno degli speleologi che maggiormente stimai, oltre annoverarlo tra dei miei più cari amici.

Scriverò un ricordo che tralascia la mera elencazione dell’attività del Nostro, aprendo invece il pensiero al significato della sua presenza nel microcosmo dell’ambiente e della disciplina, tecnica e scientifica, cui ci dedichiamo e impegniamo le nostre forze, soprattutto quelle intellettuali, al rapporto umano, al suo modo di relazionarsi con la speleologia vista – questa – nel senso più ampio. Come Alberto Dini la intendeva, la concepì e la voleva.

Speleologicamente nacque negli anni Cinquanta dello scorso secolo e fu tra i primi soci del Gruppo Speleologico San Giusto di Trieste quando questo si costituì nel 1954. L’anno in cui la città tornò alla Madrepatria dopo nove anni di Governo Militare Alleato. Da bambino, visse le drammatiche ore della sua città nell’ultimo periodo della guerra e mai scordò quei tragici avvenimenti.

Non fu un grande esploratore di abissi né uno specialista, come – soprattutto nell’ambito triestino – solitamente s’intende, e non è detta sia la concezione più giusta. Però, fu una presenza assidua e preziosa nell’organizzazione della speleologia ove operò con rigore e metodicità; ma, sembrerebbero banali o riduttive queste mie parole, se non viste nel reale, vissuto, contesto del suo impegno. Con l’assunzione della presidenza del “San Giusto” da parte del suo fraterno amico Giorgio Tarabocchia egli ne condivise la responsabilità per moltissimi anni, divenendo “il” vicepresidente: l’uomo che organizzava, che attendeva all’amministrazione, che partecipava responsabilmente alle scelte e curava molti di quei proficui rapporti con i gruppi speleologici che furono avviati, dopo la prima fase, dagli anni Sessanta in poi.

Che il “San Giusto”, in quei primi anni, fosse avviato sulla strada delle collaborazioni (rare nella speleologia triestina di quel periodo) è un fatto, tanto che già nel 1958, su invito dell’allora Sezione Geo-speleologica della Società Adriatica di Scienze Naturali, partecipò con due speleologi alla campagna di ricerche nelle Murge che quest’ultima, coordinandosi con l’Istituto Italiano di Speleologia, aveva organizzato. In particolare, sotto la guida del team Tarabocchia/Dini prese forma una serie d’iniziative, dove le collaborazioni e una visione scientifica della speleologia ebbero il loro risalto. Prova ne sia che dagli anni dai Sessanta agli Ottanta varie iniziative, che passarono tutte per Alberto Dini con il ruolo di co-organizzatore, furono varate. Tra queste, segnalo la campagna di scavi paletnologici nella Caverna delle tre querce, sul Carso, in accordo con la Soprintendenza ai beni archeologici; poi l’esplorazione dell’Abisso dei Serpenti in Jugoslavia che portò alla scoperta del passaggio che condusse poi gli speleologi sloveni al Timavo ipogeo, oltre che a una serie d’indagini nell’abisso che andarono dalla meteorologia alla geomorfologia (in cui io fui coinvolto). Fu, il progetto all’Abisso dei Serpenti, forse la primissima azione triestina di rilievo del dopoguerra avente l’ufficialità dell’accordo con gli speleologi oltre confine. Da non sottacere che ogni ricerca sfociò poi in pubblicazioni.

Fiore all’occhiello di Alberto Dini fu la fondazione nei primi anni Settanta del Comitato regionale per la difesa dei fenomeni carsici. Un’associazione, per l’epoca, che rompeva decisamente con la tradizione di quel settarismo proprio della speleologia triestina e che imperava (in alcune frange impera ancora, fuori dal tempo). Il Comitato, che trovò ospitalità nella sede del “San Giusto” (il quale, mai chiese nulla e tanto mai interferì), svolse per alcuni decenni un’attività di rilievo affrontando, sempre per l’epoca, per la prima volta in assoluto problematiche su ambienti carsici – protezione, tutela, ecologia, etc. – svincolato dall’ottica, riduttiva, del “gruppo grotte”. Dini ne fu il presidente (salvo un periodo in cui lui, causa impegni politici, si dimise dalla carica e assunsi io l’onere), apprezzato, competente, disponibile. Posso dire, per aver partecipato a buona parte delle iniziative, come Dini fu un presidente che, pur talvolta nella “scabrosità” della materia, giacché poche leggi ancora esistevano in materia e la società civile non era ancora ricettiva come oggi né tanto meno aveva una coscienza sull’ambiente, non esitò ad affrontare uomini politici e aziende di Stato (con le loro inerzie) per portare a casa il risultato, dalla salvaguardia di una grotta al concordare modifiche in corso d’opera su infrastrutture sul Carso. E sulla veridicità di ciò posso testimoniare. Per l’epoca, non furono cose da poco.

Con Alberto Dini, poi, come Comitato importanti iniziative furono varate; tanto per citarne un paio: la celebrazione di un convegno sull’ecologia dei territori carsici a Gradisca, l’istituzione del premio intitolato a “San Benedetto abate” quale alto riconoscimento a figure che, acclarato, contribuirono allo sviluppo della speleologia regionale lasciandone duratura traccia. Iniziative che la speleologia che poi seguì – altre generazioni – non fu in grado di proseguire. Infatti, mai più si organizzò un convegno così specialistico sul tema in ambito speleologico regionale mentre il premio “San Benedetto abate” fu smobilitato addirittura per l’insipienza e il parrocchialismo della “moderna” (si fa per dire) speleologia regionale organizzata unitariamente (anzi no).

Il contributo di Alberto Dini alla speleologia – per ribadire – fu chiaramente rivolto in particolare all’ambito dell’organizzazione in generale, dove le sue doti naturali e la sua cultura lo fecero eccellere. Egli, come “San Giusto”, per esempio fu promotore di un convegno regionale di speleologia, oltre che a innumerevoli iniziative mirate, quali serate, conferenze, corsi, escursioni guidate che – sempre per l’epoca – rappresentarono nella speleologia un’apertura e una fusione fra i suoi vari aspetti, nelle diverse branche naturalistiche, dalla botanica alla preistoria. Oggi, si parlerebbe di una visione multidisciplinale. Non solo, durante la sua attività politica ricoprì più volte la carica di assessore all’ambiente della Provincia di Trieste, dedicandosi – come poteva, con i mezzi di cui disponeva, ma sempre efficacemente e con intelligenza – a problematiche riguardanti il territorio carsico provinciale, in una visione intelligentemente protezionistica ben sapendo delle esigenze dell’economia e di quelle urbanistiche, bilanciando e modulando, quale pubblico amministratore, il suo intervento. Questa, di Alberto Dini, è un’attività della quale poco si conosce ma è giusto ricordare; nei suoi incarichi pubblici egli mai scordò – valorizzando invece – le sue radici e la sua provenienza dalla speleologia e facendo di quella esperienza tesoro.

Erano anche gli anni del grande problema, piovuto sulla testa dei triestini da parte di politici, alti funzionari e diplomatici, più che dire poco sensibili, completamente digiuni in materia e sulla specificità del Carso, o semplicemente assopiti dall’arroganza degli ambienti governativi romani, dell’istituenda Zona Franca Industriale sul Carso a cavallo del confine, a seguito del protocollo economico del Trattato di Osimo del 1975. Un trattato, e una rinuncia territoriale, che nessuno aveva imposto all’Italia e privo di lungimiranza (l’inizio della dissoluzione dell’ex Jugoslavia avvenne nel 1989). Alberto Dini e il Comitato si schierarono contro, con risolutezza, al fianco di tante altre associazioni locali e forze politiche, vecchie e nuove. Trieste – si può dire – fu in rivolta: un no ampio e democratico che passò trasversalmente per tutti gli strati sociali della popolazione. Certamente, furono i grandi avvenimenti politici ed economici successivi ad affossare definitivamente quel “mostro” che – ricordo – passeggiò incorporeo tra una forte indifferenza al problema da parte delle nuove leve della speleologia triestina del tempo fortemente politicizzate dalla contestazione giovanile del Sessantotto, ma anche i protagonisti minori (come Dini) di quella maturata ribellione ebbero la loro parte. Alberto Dini, coerentemente con le proprie idee e con gli interessi della speleologia, si schierò politicamente contro l’establishment e fu eletto nelle forze d’opposizione che poi divennero nuova maggioranza e governarono comune e provincia. Ricordo con commozione, assieme all’amico Alberto, anch’io non mi sottrassi all’impegno, che vissi e testimoniai, di quella resistenza al potere. La ZFIC non si fece, e nessuno oggi ne sente la mancanza. Ripeto, incredibilmente – ma la ragione ci fu e riguardò motivi sociologici – in quella resistenza, come speleologi triestini, fummo pochi, forse perché ci trovammo a essere una “generazione di mezzo”. Giacché il tempo e la storia ci diedero ragione – a oltre quarant’anni di distanza si può dire provato – è un aspetto della vita di Alberto Dini, fortemente cementato con la speleologia, che è giusto sia posto in rilievo.

Indipendentemente dal fatto che la mia amicizia con Alberto trascendeva la speleologia e negli anni si consolidò nella vita privata, posso affermare – senza esserne influenzato ma in obiettività – che, come speleologo, egli ne aveva una visione molto ampia, concependo perfettamente l’indissolubilità tra la speleologia esplorativa e quella di ricerca, la necessità di ottenere risultati attraverso le forme di collaborazione possibili, ed era sicuramente tra quelli, del suo periodo, maggiormente proiettati verso il futuro. A volte, nei contatti pubblici, “sembrava” essere un tradizionalista, invece era il contrario. Dove andava, dove si presentava, era apprezzato per la sua chiarezza nell’esposizione che, forse talvolta passando per alcuni accenni a conservatore abilmente dati in pasto al pubblico, andava al problema senza troppo girarci attorno e – cosa da pochi – sempre portando un contributo in progettualità e non fumoso.

Speleologi con queste caratteristiche, oggi, da noi, ce ne sono pochini; tutti tesi invece a coltivare il proprio orticello, o – peggio – la propria immagine in associazionismi che, se guardiamo dentro, poca sostanza hanno. Alberto Dini invece, grazie alla sua intelligenza e disponibilità – e, attenzione, non era un presenzialista! – alla coerenza della sua visione della speleologia e alla modernità cui essa portava o perlomeno tendeva, fu un uomo che con pochi mezzi fece ottenere risultati di valore, di cui ancor oggi (fra gli addetti ai lavori, e non per l’età bensì per la conoscenza) se ne parla.

Non resta che dargli l’ultimo saluto, come si conviene a una buona e solidissima figura della nostra speleologia – tra quelle della “galleria dei ritratti” – sicuramente con tutta la mestizia che sorge dai nostri ricordi, anche però con quella consapevolezza, anzi quella pienezza, che proviene dal convincimento sostenuto dai fatti riguardo “quel” suo ruolo tra noi speleologi che ha lasciato traccia, impronta che durerà nel tempo, evidente e palese proprio grazie alla sua capacità. Una qualità che lo distinse. Una qualità che ci accompagnerà come insegnamento.

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Nella foto di gruppo, Dini è il primo a sx.

OpenDay alla Grotta Valentina, 13 e 14 aprile 2019

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Visto il successo riscontrato lo scorso anno, si rinnova in aprile l’appuntamento con l’apertura al pubblico della grotta Valentina, rara perla di facile percorrenza e notevole bellezza.

La visita richiede una normale condizione fisica e nessuna particolare abilità, tuttavia per un breve tratto si è obbligati a procedere carponi e perciò si consiglia un ricambio completo e un vestiario adeguato (ci si sporca e il fango sul cotone si lava difficilmente), un paio di calzature sportive, meglio ancora stivali in gomma.

La visita è adatta a tutti, l’età minima consigliata è di 4 anni.

Le visite avranno luogo a partire dalle 10 del 13 aprile ogni 2 ore, il numero di ingressi è limitato e perciò si consiglia altamente la prenotazione al numero 3388352633

Per ulteriori informazioni potete scaricare qui di seguito il volantino della manifestazione.

 

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Vita nascosta alla grotta del Carbone

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VITA NASCOSTA

Come dice un vecchio adagio popolare: “Non tutto il male vien per nuocere”. Partendo da questo presupposto, mi accingo a raccontarvi una storia dai risvolti inaspettati.

All’inizio di quest’anno, io e la mia compagna, decidiamo di visitare la grotta del Carbone nei pressi del confine di Pesek. Questa cavità era già conosciuta dalla gente del posto come nascondiglio durante la seconda guerra mondiale. L’imboccatura si apre ai margini di un pianoro che poi digrada verso la Val Rosandra, si presenta con un’imboccatura abbastanza ampia che sprofonda per 14 mt fino ad arrivare alla base di una caverna. Da questo punto la grotta si sviluppa in più direzioni, la più interessante è quella che segue uno stretto cunicolo di circa due metri in parte allargato artificialmente, che ha permesso di accedere ad un antico sistema freatico ormai abbandonato dall’acqua e adesso parzialmente riempito da depositi di argille e concrezioni. Nella parte finale la condotta principale si biforca in due rami, per raggiungere la parte terminale di quello sinistro ho tolto parte dell’attrezzatura per passare una strettoia. E’ qui che succede il misfatto, tornando indietro recupero il pettorale dell’imbragatura ma non mi accorgo che la chiave d’armo e il cliff non sono attaccati sopra. Concludiamo il giro, usciamo e la settimana dopo decidiamo di visitare la grotta Sottomonte vicino a Fernetti. Scesi nella spaziosa caverna iniziale, mi accingo ad attrezzare il primo salto e con mi sommo stupore (incazzatura notevole) mi accorgo che la chiave che porto sempre attaccata al pettorale non c’è. Cerco di riavvolgere il nastro dei ricordi e deduco che l’attrezzatura deve essere rimasta da qualche parte nella grotta del Carbone. Ritorno pochi giorni dopo, ripercorro tutti i posti visti in nell’uscita precedente, e finalmente sul fondo trovo la mia tanto amata chiave d’armo e il mio cliff! Risalgo la corda appena messa, e inizio a scogliere il nodo di partenza fatto su un colonna, quando il mio occhio è attratto da una piccola vaschetta di stillicidio. All’inizio mi sembra di vedere soltanto qualche impurità che galleggia sulla superficie ma poi guardando meglio, mi accorgo che c’è un microscopico animaletto che si muove sospeso sulla superficie, ma stupore ancora più grande, altri insetti ancora più piccoli che saltano in tutte le direzioni! Provo a guardare in un’altra vaschetta ed anche qui ne trovo altri, evidentemente qui hanno trovato il loro habitat ideale. Ripenso alle lezioni di biospeleologia tenute dall’entomologo Andrea a Colla e mi ricordo che ci aveva parlato dei Collemboli. Esco felice della bella scoperta, e inizio a pensare a come poterla documentare senza recar loro danno. Arrivo a casa e controllo in internet ed effettivamente quelli che ho visto, sono proprio loro, dei simpatici animaletti che in realtà non sono degli insetti veri e propri ma fanno parte della classe degli Entognati (sottoclasse degli Esapodi). Penso alla fotografia e subito mi viene in mente Emilio, nostro nuovo socio appena uscito dal nostro corso di primo livello e fotografo di professione. Gli scrivo un messaggio e subito mi risponde in modo entusiasta, dicendomi che farà delle prove con gli strumenti che ha a disposizione vista l’esiguità dei soggetti. Ricevo il giorno dopo delle foto di prova ma l’ingrandimento non è sufficiente, mi dice che ordinerà delle lenti aggiuntive per la macchina. Non ho parole, non potevo trovare persona più adatta allo scopo! Finalmente arriviamo a lunedì undici febbraio, le lenti sono arrivate, ricevo subito delle nuove foto di prova, sembra che questa volta l’ingrandimento sia sufficiente a fare delle buone fotografie, non resta che mettersi d’accordo quando fare l’uscita. Questa settimana sono proprio incasinato, propongo mercoledì sera dopo il lavoro, mi aspetto un rifiuto, invece mi dice: “vedo di incastrare un paio di impegni!”. Ci troviamo alle 19:30 presso la chiesetta di Pesek, ci cambiamo rapidamente, veloce check up sull’attrezzatura, e via verso l’ingresso della grotta. Scesi il pozzo d’ingresso non resta che affrontare la strettoia io essendo magro non ho grossi problemi, per fortuna anche Emilio che ha sicuramente una corporatura più imponente della mia, ci passa a pelo! Arriviamo sul luogo dove la volta prima li avevo visti e per fortuna ci sono ancora. Emilio prepara la macchina e la luce e inizia a fotografare, io l’aiuto posizionando la fonte luminosa nelle varie direzioni. Ogni tanto guardiamo sullo schermo gli scatti, è emozionante vedere i particolari e scoprire che vicino al soggetto adulto ci sono anche dei cuccioli. Usciamo soddisfatti del lavoro svolto, non resta che scaricare le foto e vedere il risultato sullo schermo del computer. Il giorno dopo, nel pomeriggio ricevo gli scatti, il risultato direi che è più che positivo, considerando che le foto sono state fatte sul campo, la nitidezza è notevole! Non resta che girarle all’entomologo per avere conferma della specie. Passano pochi minuti dall’invio, e ricevo i primi messaggi che mi chiedono maggiori informazioni sul luogo del ritrovamento, poi il verdetto finale è uno di quelli che ti lascia senza parole:”Penso che tu abbia trovato la seconda stazione conosciuta di Disparhopalites Tergestinus, un collembolo da me descritto anni fa, scoperto in una grotta tra Basovizza e Gropada”.

Per concludere voglio ringraziare Emilio, una persona davvero speciale e la speleologia che in questi anni mi ha regalato grandi soddisfazioni. Questo caso e la riprova che non occorre trovare chilometri di gallerie o pozzi profondi centinaia di metri, ma basta una scintilla di vita nelle profondità della Terra.

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Nuove esplorazioni in grotta Burja

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Le previsioni del weekend sono pessime, in montagna piove fino a 1800 di quota e la punta programmata assieme agli amici ungheresi per il Gortani salta……ripieghiamo i nostri sforzi nel finire un’arrampicata cominciata la scorsa settimana assieme e su segnalazione dell’amico Claudio Bratos, scopritore della cavità.

La volta precedente avevamo cominciato ad arrampicare un grosso camino, arrivando a pochi metri da una notevole finestra di 10×5 che metteva l’acquolina in bocca, finendo purtroppo il materiale troppo presto. Claudio ci aveva accompagnato e indicato la risalita, e mentre Mauro ed io compivamo la scalata, Tiziana, Alex e Claudio andavano ad indagare alcune finestre che aspettano anch’esse di essere salite in un ulteriore ramo della grotta.

Questa volta ci ritroviamo in 3, Mauro, Alex ed io. Claudio ci accompagna fino all’ingresso ma non entra con noi per la spossatezza derivata dagli scavi dei giorni precedenti. Scendendo capiamo subito che passeremo la giornata in ammollo, la pioggia dei giorni precedenti, che ha provocato anche una notevole piena timavica, sta scaricando a tutta forza acqua anche qua dentro, provocando uno stillicidio insistente da cui è impossibile riparasi, doccia assicurata.

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Arrivati al limite esplorativo della scorsa volta riparte Alex ad arrampicare, qualche fix e qualche numero da circo ed arriva alla finestra, preparato un attacco di partenza fa salire anche noi. Di primo acchito sembra che la grande finestra chiuda in concrezione, si parla già se disarmare o lasciare armato, salgo io ancora qualche metro per fugare ogni dubbio, e invece contnua…mi ritrovo in un ambiente molto alto e largo 2/3 metri, pochi passi tra bianchissime concrezioni e davanti a me si para un passaggio stretto occluso da un masso, sopra parrebbe esserci un bypass, ma bisogna salire ancora. Preparo un armo e mi faccio raggiungere da Mauro ed Alex. Risistemato il materiale saliamo ancora quei pochi metri, tutto su concrezioni e senza piantare un fix, bellissimo. Mi infilo in una finestra, continua e bypassa proprio la strettoia bassa. Saliti tutti partiamo ad esplorare i nuovi ambienti, seguiamo la strada che ci pare più interessante tralasciando alcuni bivi, l’ambiente è comodo anche se non enorme, ma la quantità e la bianchezza delle concrezioni ci lasciano stupefatti, vaschette con cristalli, colate, stalattiti e stalagmiti bianchissime…

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Procediamo spediti, esploriamo anche alcuni bivi che tornando indietro si ricollegano tra loro, qualche passaggio in facile arrampicata ed arriviamo ad una sala dove la strada è sbarrata dalla concrezione che ha completamente ostruito ogni possibile prosecuzione, vi sono 2 punti dove sarebbe possibile scavare nel terriccio, ma completamente bagnati optiamo per tornare sui nostri passi, ovviamente rilevando!!!

Mentre Mauro ed io stendiamo la poligonale, Alex ripercorre i bivi in cerca di ulteriori prosecuzioni, purtroppo senza gran successo. Restano comunque ancora alcuni punti da rivedere dove armati di mazzetta si potrebbe provare ad accedere ad alcuni vani sbarrati da passaggi per ora  troppo stretti. Risistemiamo gli armi della risalita e scendiamo continuando a rilevare, totali 210m di nuovo rilievo, di cui 100mt di galleria e 110mt di sviluppo dell’arrampicata, per un dislivello positivo percorso dalla base di 124mt, ritornando cosi vicini alla superficie….

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Una volta fuori ci ricongiungiamo con la squadra scavi che ha dedicato la giornata a scavare nel sedimento della cavità Cuore matto, zona Basovizza, e ci premiamo con la meritata birra.

Non finisce qua comunque, di fronte alla finestra che abbiamo raggiunto questa volta c’è ne sta un’altra, che potrebbe essere la continuazione della galleria tagliata dal pozzo, ed altre finestre lungo la grotta aspettano ancora di essere esplorate…..

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Taucer Sebastiano, GSSG

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